Personaggi storici nazionali nelle vie di Valenza
Blog, Cultura
Pier Giorgio Maggiora  
12 Ottobre 2025
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Il saggio

Personaggi storici nazionali nelle vie di Valenza

L'approfondimento del professor Maggiora

VALENZA – A partire dal Risorgimento, un’ondata di cambiamento ha investito la toponomastica italiana, segnando un’inversione di tendenza radicale. Invece di rendere omaggio ai luoghi, alle attività artigianali o alle caratteristiche geografiche che plasmavano l’identità di una comunità, si è instaurata una vera e propria «mania» di intitolare vie e piazze a personaggi famosi, spesso eroi nazionali o figure di spicco della politica.

Questa trasformazione, inizialmente modesta, ha innescato una deriva personalistica che si è rivelata inarrestabile nel corso degli anni successivi. L’esaltazione dei padri fondatori dell’Italia unita, figure chiave del Risorgimento come Garibaldi, Mazzini e Cavour, ha certamente dato il via a questa tendenza, legittimando l’idea di commemorare figure storiche attraverso la denominazione di spazi pubblici. Tuttavia, l’iniziale slancio patriottico si è presto trasformato in una prassi generalizzata, in cui la popolarità e la risonanza mediatica dei protagonisti storici sono diventati i criteri prevalenti per l’assegnazione dei nomi alle vie. Questo approccio ha progressivamente eroso il legame tra la toponomastica e il territorio, tra la memoria storica e l’identità locale.

Mentre in passato i nomi delle vie evocavano mestieri tradizionali, luoghi significativi o eventi rilevanti per la comunità, da allora si preferì celebrare la fama internazionale o la rilevanza politica dei personaggi, spesso senza alcun collegamento tangibile con il contesto locale. La territorialità, intesa come espressione dell’identità e della storia di un luogo, è stata sostanzialmente relegata in secondo piano, sacrificata sull’altare della commemorazione individualistica.

La celebrazione dei padri dell’Italia unita ha così generato un’abitudine che, con il tempo, ha portato alla nascita di una sorta di culto della personalità, che ha oscurato altre forme di memoria collettiva e ha reso più difficile la comprensione delle radici storiche del territorio. Il criterio principale, quindi, è diventato la fama e non l’importanza che il personaggio o il luogo in questione ha avuto per la comunità locale.

Per comprendere appieno questa evoluzione, intraprendiamo un viaggio alla scoperta di alcuni celebri eroi storici commemorati nelle vie di Valenza.

Via Alfieri

In dialetto era LA CUNTRĀ D’LA CANTĪN-A SUCIĀL, poiché fino agli anni Sessanta c’era la Cantina Sociale Cooperativa. Nella via, avanti alla cantina, c’era LA CURT DAL MAC I MĀ, dove si fornivano carrozze a nolo e carri funebri, e di fronte alla cantina c’era LA  CURT DAL MANISCALC, dove, osservati volentieri all’opera, si lavorava in cortile sbraitando frequentemente.

Vittorio Amedeo Alfieri, sommo poeta tragico, nato ad Asti nel 1749 e morto 54 anni dopo nel 1803. Le sue ossa riposano nella chiesa di Santa Croce a Firenze. Scrisse 18 tragedie, da cui spira intenso e veemente il sentimento della libertà patria. Fu inflessibile specialmente con i Francesi, per cui scrisse il famoso Misogallo. La sua Biografia rivela la forte tempra di uomo e di cittadino. Fece dapprima vita dissipata e oziosa. Irrequieto, viaggiò a lungo l’Italia, l’Olanda, l’Inghilterra. Tornata la quiete, a 27 anni si dedicò a uno studio severo. Da allora, «volli, sempre volli, fortissimamente volli», come egli stesso disse. E la sua fama ne andò per il mondo.

Via Cavallotti

In dialetto era LA CUNTRĀ DI CARĀTT, già via Pier Carlo Boggio. Fino ai primi anni del Novecento era indicata come una via basilare: percorreva da sud a nord l’intero abitato, conducendo alla strada della Lomellina e al Po, che si attraversava su un ponte di barche o con il traghetto. Pier Carlo Boggio era un deputato torinese eletto nel collegio di Valenza dal 1857 e in carica fino alla scomparsa nella famosa battaglia navale di Lissa del 1866, durante la Terza Guerra d’Indipendenza.

Felice Carlo Emanuele Cavallotti nacque a Milano nel 1842, morì in duello con l’onorevole Ferruccio Macola, a Roma 56 anni dopo: il 6 marzo 1898, una vicenda che tenne banco per diverso tempo.

Deputato e oratore formidabile di fede repubblicana. A 12 anni scriveva poesie contro l’Austria. A 17 pubblicò il suo primo libro: Italia e Germania. Fu nella spedizione dei Mille con Garibaldi e combatté a Milazzo e sul Volturno, e poi nel 1866 fu al combattimento in Valcamonica.

Polemista inattaccabile e caustico, giornalista veemente, di vasta e profonda cultura, drammaturgo e poeta eccellente. Le poesie Anticaglie hanno un fascino particolare. Fra i drammi si notano: I pezzenti, Alcibiade, Agnese, Guido, la Figlia di Jefte, Il Cantico dei Cantici.

Contro il ministro Crispi fu implacabile, svelandone le corruzioni politiche e bancarie. Fu di animo purissimo e intemerato.

Via Cavour

La vecchia via di San Giacomo, era chiamata LA VALĀTTA e, all’incrocio con via Pelizzari, l’antica via del Castello, si trovava LA CUNTRĀ DI PLISĀ.

Camillo Paolo Filippo Giulio Benso, conte di Cavour, nacque a Torino nel 1810 e vi morì 51 anni dopo nel 1861. I genitori lo avviarono alla carriera militare. Era già sottotenente del Genio, quando abbandonò le armi per dedicarsi alla politica. Nel 1848 fu deputato. Fu ministro dell’Agricoltura e poi delle Finanze. Dopo quattro anni fu Presidente dei ministri. Mente elevatissima preparò i futuri destini d’Italia. Riordinò le finanze languenti, rinvigorì l’agricoltura, intensificò la pubblica istruzione. Si deve a lui un canale irriguo da Chivasso al Ticino. Lungimirante, promosse la spedizione in Crimea. Il fatto lo circondò di alta considerazione e diede modo al Cavour di andare al Congresso di Parigi (1856), a fianco di grandi Potenze d’Europa. Due anni dopo, si concretizzò l’alleanza italo-francese e la preparazione della seconda guerra della nostra indipendenza. Ma dopo le vittorie di Solferino e San Martino, l’imperatore dei Francesi, Napoleone III si ritirò. Indispettito, Cavour si dimise. Tornò al suo posto nel 1860, avrebbe voluto Roma e sarebbe arrivato anche a questo se la morte non lo avesse stroncato improvvisamente il 5 giugno 1861.

Corso Garibaldi

È la via più importante e centrale di Valenza, la via commerciale e la via storica. In dialetto era la LA CUNTRĀ GRĀNDA (in passato Contrada Maestra) L’angolo con via Lega lombarda era AL CANTÓ DAL GARIBĀLDI, dal caffè omonimo; attraversando l’incrocio, all’opposto, c’era AL CANTÓ D’LA JOLĀNDA, che era la titolare della tabaccheria.

Giuseppe Maria Garibaldi nacque a Nizza Marittima nel 1807 e morì nell’isola di Caprera 75 anni dopo nel 1882. È stato un generale, politico, patriota, marinaio e scrittore italiano. Figura di spicco del Risorgimento, fu uno dei personaggi storici più celebrati della sua epoca. Il corso di Valenza s’intitola all’Eroe dei due Mondi, non solo perché non v’è Italiano che non senta il fremito alle sue gesta che sanno di epica leggenda, ma perché il nome di Garibaldi è legato indissolubilmente alle memorie della nostra Italia.

Piazza Gramsci

In dialetto era LA PÉISA, già piazza Italia e prima ancora Porta Alessandria; qui si trovava il peso pubblico e qui terminava l’aggregato urbano. Era indicata anche come LA PIĀSA DEL PALĀT, poiché era il luogo in cui si teneva il mercato dei pali per le vigne.

Antonio Sebastiano Francesco Gramsci nacque ad Ales (Cagliari, oggi Oristano) nel 1891, morì a Roma 46 anni dopo nel 1937. Figlio del forte popolo sardo, si spostò a Torino nel 1911 per frequentare la facoltà di Lettere e Filosofia.

Strettamente legato alla classe operaia, nel 1921 fu tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia, ricoprendone la carica di segretario dall’agosto 1924. Conoscitore profondo del marxismo fu uno dei dirigenti dell’ala sinistra rivoluzionaria del movimento proletario italiano, fu tribuno appassionato e implacabile, scrittore caustico e forte. Capace di istruirsi alla scuola delle masse, sapeva comprendere tutti gli aspetti della vita sociale. Fedele fino al sacrificio all’Internazionale e al suo Partito, lasciò l’esempio di una tempra d’acciaio bruscamente defenestrata.

Arrestato nell’ottobre 1926, rimase per quasi undici anni in carcere, nella consunzione della tubercolosi e in un bestiale trattamento. Il Pubblico Ministero nel processo al tribunale speciale, disse: «Occorre che questa mente cessi di pensare». Pochi giorni prima che finisse di scontare la sua pena, spirò il 21 aprile 1937, spento dalle sofferenze e dai patimenti. Ma spirò senza un lamento, poiché confortato dalla fiamma del suo Ideale non allineato al clima politico corrente.

Piazza Giovanni Lanza

In dialetto era D’AL MONJI. Qui da un lato c’è un piccolo capolavoro architettonico, l’antica chiesa di Santa Caterina, adesso Oratorio di San Bartolomeo, oggi considerato il complesso più antico dell’intera città; la struttura è stata costruita negli ultimi anni del Cinquecento dalle monache benedettine. Di fronte a Santa Caterina c’è la Sacra Famiglia, un istituto nato nel 1874 e cessato nel 1978. Attigua, tra via Foscolo e via Cavour, c’era LA CURT DAL PAISĀ e, dietro Santa Caterina, LA CURT DAL MULĪ.

Giovanni Lanza nacque a Casale Monferrato nel 1810, morì a Roma 72 anni dopo nel 1882. Medico e uomo politico della Destra storica, incorruttibile e onesto come pochi, da meritarsi il titolo di «Aristide italiano». Fu Ministro della Pubblica Istruzione, Ministro delle Finanze, Ministro degli Interni, Presidente della Camera dei Deputati. Fu uomo di grande cultura e di grande avvedutezza.

Corso Matteotti

Nel primo Novecento la zona nuova di Valenza andava da piazza Italia, ora piazza Gramsci, alla strada per Alessandria. La via principale del tratto, e la più utilizzata per entrare in città, era via Alessandria, il cui fondo è stato poi cilindrato, cioè fatto di pietre pressate e non asfaltato, con i fossi che correvano lungo i lati della strada. Negli anni Trenta, sul lato sinistro di via Alessandria erano poche le strade, solo una fila di case appartate che, dal calzaturificio Stella, proseguiva fino all’Ovesticino (Enel del tempo), di fronte alla pudica Cappelletta, nutrita di devozione sempre più solo in modo intimo e individuale, mentre sul lato destro le case erano più numerose e separate dalle vie traverse che si congiungevano a via XXVIII Ottobre (Marcia su Roma del 1922), ora via XXIX Aprile, e proseguivano fino a viale Santuario.

Nel dopoguerra, conformato alla nuova impronta culturale, diventò corso Giacomo Matteotti e si costruirono i marciapiedi e si piantarono degli alberi, accostati a diversi seducenti edifici.

Giacomo Lauro Matteotti nacque a Fratta Polesine nel 1885; morì a Roma, assassinato da una squadra fascista 39 anni dopo, nel 1924. Fu figlio di un modesto negoziante di attrezzi agricoli.

Deputato, segretario del Partito Socialista Unitario, formazione nata da una scissione del Partito Socialista Italiano al Congresso di Roma dell’ottobre 1922, di una eloquenza irresistibile e di una documentazione fuori dal comune. Fu spirito propulsore del suo partito e dopo il suo martirio fu fiamma viva di fede del proletariato.

Profondamente buono, fu il tribuno della riscossa umana. Il suo nome, oggi, è un simbolo. Disse: «Sull’altare della concordia democratica offrano quanto di meglio hanno i partiti e gettino sul rogo quanto possono avere di tristo». E quando cadde insanguinato sotto la furia degli assassini, esclamò: «Uccidete me, ma l’idea che è in me non muore!».

Piazza Verdi

In dialetto piazza Verdi era LA PIASĀTTA, in precedenza piazzetta del Teatro. Qui, sino all’Ottocento, sorgevano il convento e la chiesa di San Francesco, una costruzione in stile gotico lombardo a tre navate, sorta su un’antecedente chiesa romanica risalente al Trecento. Il convento aveva due chiostri porticati e un orto.

Giuseppe Fortunino Francesco Verdi nacque alle Roncole, presso Busseto (Parma), nel 1813 e mori a Milano nel 1901. È il più caro e apprezzato musicista del nostro Paese, il cui nome passò ogni confine, una delle glorie italiane più eccelse, venuto dalla povertà, attraverso una dura lotta, vinta poi trionfalmente in nome dell’arte.

La sua musica è originale e possente, pure essendo comprensibile da tutti: e questo è il vanto maggiore del suo genio. Il popolo ha amato questo gigante buono, per il fremito d’amor di patria che dalle sue opere spirava, specialmente quando l’Italia era ancora sottomessa allo straniero. Fra le sue maggiori opere resteranno imperiture: Aida, Rigoletto, Nabucco, Ernani, I Lombardi, Il Trovatore, La Traviata, Otello, Falstaff, Il ballo in maschera.

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