La visita del Presidente della Repubblica Gronchi a Valenza
Un importante avvenimento per la Città del Gioiello, risalente al 1959
VALENZA – Il 16 luglio 1959, alle 10:30, nella stazione ferroviaria di Alessandria pavesata per l’occasione, arrivava il treno speciale che portava per la prima volta il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi in visita ufficiale alla città di Alessandria e alla vicina città di Valenza.
Accolto da una numerosa ed entusiasta folla alessandrina, dopo la visita in Prefettura, alle 11:15 Gronchi era condotto in automobile sulla panoramica Colla che lo portava a una Valenza tutta ornata di sventolanti bandiere tricolori. Accompagnavano il presidente Gronchi alcuni rappresentanti del Governo, della Camera dei deputati, del Senato Colombo, Martino, Brusasca, Borgarelli, Desana e Piola e tutte le autorità del territorio. Giunto a Valenza e attraversato corso Matteotti, il Capo dello Stato scendeva nei pressi della Casa dell’Orafo e percorreva l’ultimo tratto a piedi, fra due ali di folla festante. Si rivolgeva alla popolazione e salutava, mostrando col gesto e con la ridente espressione del viso, tutto il suo compiacimento per una così spontanea manifestazione di entusiasmo.
Dopo una vigilia agitata, ad accoglierlo sulla soglia della nuova sede dell’Associazione Orafa Valenzana, nella nuova Casa dell’Orafo in villa Scalcabarozzi – ex Caligaris, ora proprietà dell’Immobiliare Orafa Spa appositamente costituita – oltre a una folla plaudente c’era l’impavido e autorevole presidente dell’associazione Luigi Illario, anche presidente della Camera di Commercio di Alessandria, il presidente della Confederati Davide Ventrella, il direttore della mostra permanente Ugo Melchiorre, il vicepresidente dell’associazione orafa Elio Proverà e il consiglio dell’associazione al completo, qualcuno per convenzione o per convenienza.
La graziosa bimba Rosanna Zucchelli, figlia di un membro del comitato organizzativo, porgeva, emozionatissima, le forbici con le quali tagliare il nastro tricolore che sbarrava l’ingresso al Capo dello Stato. Salita la scala d’invito, nel pronao, monsignor Giuseppe Gagner, vescovo di Alessandria, impartiva una solenne benedizione alla nuova sede.
Subito dopo, Illario rivolgeva al Presidente della Repubblica un caloroso benvenuto, ricordando brevemente tutte le dure tappe che Valenza orafa aveva dovuto affrontare per salire la scala di una meritata notorietà e del successo commerciale, quasi una favola fatta di cose buone e di un’abilità senza pari, e, infine, illustrando gli scopi e gli intendimenti che avevano portato alla creazione della mostra permanente e i ponderati motivi che avevano consigliato di riservarla ai soli acquirenti esteri, unico esempio in Italia. Una faccenda di parole, verità e qualche immaginazione.
Illario si diceva altresì sicuro di interpretare, con animo lieto e riconoscente, l’unanime desiderio di tutto il consiglio dell’Associazione Orafa Valenzana, dei 700 piccoli industriali e artigiani orafi e argentieri, dei 6000 operai orafi valenzani e dei 700 operai argentieri di Alessandria di porre il più vivo ringraziamento al Presidente della Repubblica per aver loro concesso l’onore di inaugurare la Casa dell’Orafo e la Mostra Permanente di Oreficeria di Valenza. Poi a Gronchi veniva offerto un prezioso cofanetto in oro e argento, opera del longevo (anni 92) maestro orafo cesellatore Giuseppe Gillio li presente.
Illario, poi, in forza del severo regolamento, delegava il direttore di mostra, il ragioniere Ugo Melchiorre, ad accompagnare il presidente all’interno dell’esposizione. Questi, con poche persone del seguito, procedeva alla visita mostrando vivo interesse per i meravigliosi pezzi esposti, soffermandosi a esaminare attentamente la maggior parte delle cento vetrinette poligonali in cui essi erano contenuti.
Terminata la visita alla mostra permanente, il Presidente della Repubblica attraversava con il numeroso seguito i giardini pubblici gremiti di migliaia di persone che lo acclamavano, e andava verso l’edificio che fronteggia la Casa dell’Orafo, ove hanno sede l’Istituto Professionale Statale di Oreficeria Benvenuto Cellini e le altre scuole della città. Ad attenderlo fuori c’erano i bimbi delle scuole elementari, inneggianti con le loro fresche voci e agitanti bandierine tricolori. Con simpatico e paterno gesto, il Capo dello Stato si tratteneva con alcuni di essi, lasciandoli storditi e felici di tanto onore.
Salita la scala, accanto alla quale figuravano molto decorativamente i corazzieri, il presidente Gronchi era ricevuto dal preside dell’istituto, il professor G.B. Capetta, dai membri del consiglio di amministrazione dell’istituto, dal vicepresidente Pietro Camurati, e dai consiglieri Aldo Annarratone e Piero Lunati e dai molti presidi e insegnanti intervenuti. L’illustre ospite iniziava la visita dal laboratorio di stato per le analisi gemmologiche.
Dopo essersi soffermato a osservare le modernissime attrezzature per le analisi delle pietre preziose e delle perle, illustrate dalla direttrice del laboratorio Speranza Cavenago, il Capo dello Stato si dirigeva verso la mostra didattica, percorrendo i corridoi imbandierati, lungo i quali, da ambo i lati, erano schierati gli allievi dell’istituto Cellini, dell’avviamento professionale G. B. Comolli, della scuola media e dell’istituto per ragionieri.
Dopo che il presidente ebbe tagliato il nastro tricolore, il preside dell’istituto gli rivolgeva un commosso saluto, ringraziandolo con tutte le autorità presenti. Anche qui non mancavano la retorica e la simulazione per nascondere alcune scomode verità (troppi stranieri e pochissimi nativi tra gli studenti dell’I.P.O., dissidi ideologici e altro).
Il professor Capetta, sempre con tono soporifero senza smorzare con dovizia l’entusiasmo , concludeva così il suo discorso: “Vorrei pregarla, signor presidente, di dare inizio alla distribuzione dei premi concessi alla munificenza di persone generose e di enti benemeriti, ai quali va il nostro più sentito ringraziamento. Questi premi rappresentano una prova lusinghiera della simpatia e della sollecitudine con cui la nostra opera è seguita. Ma sono certo di interpretare il sentimento di tutti, collaboratori e allievi, assicurando al signor presidente che il premio più ambito è proprio costituito dalla augusta presenza del Capo dello Stato, qui, in questo operoso centro piemontese, in una scuola che è veramente all’avanguardia fra le diverse forme di istruzione professionale e che si è guadagnata tanti consensi in Italia e all’estero. Questa visita sarà, ne sono sicuro, signor presidente, motivo profondo di incitamento a continuare e migliorare la nostra opera”.
Vivissimi applausi accoglievano le parole del preside, poi Gronchi procedeva alla premiazione degli allievi. In seguito, il Capo dello Stato iniziava la visita della mostra scolastica, ammirando i lavori esposti e trattenendosi con gli insegnanti tecnici delle due scuole che lo attendevano ognuno presso i lavori dei propri allievi. Per ultimo egli sostava nella mostra personale dello scultore architetto professor Luigi Visconti da lui allestita, nella sua qualità di insegnante dell’istituto orafo, all’interno della mostra didattica.
Nel corso di questa manifestazione, l’onorevole Gronchi riceveva in dono dall’insegnante Guido Bertuzzi una incisione da lui personalmente eseguita, riproducente in piccolo la Madonnina di Milano. Salito poi sulla macchina presidenziale, si dirigeva verso il municipio, presto imitato dal rombante corteo delle automobili del seguito, e preceduto da un drappello d’onore di motociclisti della Polizia Stradale.
Dopo aver percorso viale Firenze, via Mazzini e corso Garibaldi, la lunga teoria di macchine si fermava in piazza 31 Martiri. Qui, un plotone militare presentava le armi, mentre Gronchi entrava solennemente in municipio. Una folla enorme si era riversata nella piazza, tanto da far dubitare che in tutte le altre strade, piazze e abitazioni non vi fosse più anima viva. L’ovazione prolungata che aveva accolto l’arrivo del presidente si interrompeva soltanto quando gli altoparlanti disseminati nella piazza cominciavano a diffondere le prime parole pronunciate dal Sindaco Luciano Lenti. In precedenza erano stati presentati al Capo dello Stato tutti i membri del consiglio comunale e i principali funzionari.
Il discorso del sindaco, vibrante e caloroso, incipriato di magniloquenza, faceva una rapida panoramica dei più salienti episodi della storia italiana ai quali Valenza aveva attivamente partecipato. Successivamente, a nome del consiglio comunale, Lenti conferiva a Gronchi la cittadinanza onoraria, deliberata con seduta straordinaria del 26 giugno 1959, e consegnava all’ospite illustre una medaglia d’oro, appositamente coniata per ricordare la sua visita ufficiale alla città, riproducente la lapide bronzea degli artisti Manzù e Quasimodo, posta a Valenza in memoria dei martiri della libertà e dei caduti partigiani della resistenza.
Quindi, il presidente Gronchi prendeva la parola per rispondere alle parole del sindaco. Egli esprimeva la sua riconoscenza per l’accoglienza ricevuta, dichiarandosi ben lieto di tributare il suo riconoscimento al passato di patriottismo e di civismo di Valenza che si traduceva in una manifestazione di alta civiltà del lavoro, quale è quella dell’artigianato orafo locale.
Il presidente Gronchi ha detto “Questa città offre nell’impegno di progresso nel campo della produzione e del lavoro un esempio di come le masse lavoratrici, nelle varie loro categorie debbano concepire la loro promozione a posizione di maggiori responsabilità; non preoccupandosi, cioè, soltanto delle seppur giuste rivendicazioni di migliori condizioni di vita, ma in primo luogo dell’affinamento delle loro capacità, ed è perciò che io rendo onore alla cittadinanza di Valenza, che, per la sua moderna impostazione del problema della formazione professionale, pone il lavoro tra gli artefici del presente rinnovamento italiano, che vuole essere nel mondo affermazione di genialità e di operosità. Nella conquista di un sempre più alto grado di civiltà anche nel campo sociale, trovano il loro significato come necessaria preparazione le lotte coraggiose e i sacrifici nobilissimi per rendere libero e padrone del proprio destino il nostro Paese, dal Risorgimento alla Resistenza”.
Uscito dal palazzo comunale, il Presidente della Repubblica passava in rassegna i soldati inquadrati sulla piazza, mentre la banda militare suonava inni patriottici. Al termine, preso posto sulla macchina presidenziale, il Capo dello Stato si dirigeva alla volta di Alessandria accompagnato dalle entusiastiche manifestazioni della folla. A Valenza tutti erano contenti, un sollievo generale, si rompevano quindi le righe.
Ormai, però, quella Valenza non c’è più.