Personaggi valenzani: Achille Grandi
Il ritratto di una figura rilevante di cui non si è detto abbastanza
VALENZA – Un personaggio politico-sociale dell’Ottocento poco rammentato nella sua città natale è stato Achille Grandi, una figura rilevante di cui non si è detto abbastanza e che, con intelligenza e perseveranza, è riuscito ad affermarsi nella politica del tempo fino a primeggiare.
Grandi nasce a Valenza nel 1842, terzogenito di una modesta famiglia. Dopo la terza elementare, già lavora in un negozio di panni, che lascia presto per dedicarsi all’oreficeria, allora ai suoi albori a Valenza. Appassionato di lettura, poi si fa assumere come apprendista tipografo nella stamperia “Moretti”.
Nel 1859, combatte contro gli austriaci difendendo la linea del Po e guadagnandosi una medaglia. Riprende il lavoro di tipografo alla Subalpina di Torino e, poi, presso i fratelli Gazzotti ad Alessandria. Nel frattempo, continua a leggere e a studiare con una volontà ammirevole, tanto che riesce a diplomarsi maestro elementare a Genova.
Diventa insegnante elementare a Valenza e, sempre molto attivo e illuminato, scrive articoli per l’Osservatore, ma, rompendo gli indugi e passando dalle parole ai fatti, ritorna in topografia e impianta un giornale che chiama L’Eremita, sul quale scrive e disegna e che stampa e distribuisce in proprio. I suoi scritti polemici e provocatori hanno un ampio successo popolare, sia per le idee sociali e innovatrici che contengono sia per il modo chiaro e semplice con cui sono esposte. Intanto, si è sposato con Giulia Soro e i due mettono al mondo i primi figli.
Nel 1871, viene indotto da Urbano Rattazzi a trasferirsi a Roma, dove, mettendo da parte certe dissonanti aspettative, diventa compositore tipografico alla Gazzetta Ufficiale e, contemporaneamente, collabora come articolista con la Gazzetta di Roma e poi con l’Economista. Nel frattempo, attento e lungimirante, costruisce la sua rete di contatti e di sostegni nella giovane capitale d’Italia.
Nel 1872, al netto da certe incrostazioni marxiste che un po’ lo viziavano, partecipa al Congresso Operaio di Roma, dove nasce il Patto di fratellanza, l’unione tra le Società Operaie di Mutuo Soccorso di ispirazione mazziniana e saffiana e dove Grandi, anima combattiva del gruppo principale, è incaricato di fondare un periodico, organo degli interessi operai, che sarà da lui scritto, stampato e distribuito; il giornale settimanale, che scaglierà spesso frecce intinte di curaro, sarà poi ribattezzato Partito Operaio Nazionale, e in seguito Previdenza Popolare.
Per circa venti anni, il Patto di fratellanza rappresenterà il punto di incontro, e talvolta anche di scontro, di tutte le forze più avanzate del Paese. I suoi membri lotteranno per la realizzazione delle prime strutture economiche del proletariato italiano: quasi tutte le prime casse mutue e di resistenza, le prime cooperative e tutte le prime scuole popolari sono opera del Patto di fratellanza ed esse saranno dirette e gestite dagli stessi lavoratori, a differenza di quanto avviene dentro alle enfatiche organizzazioni cattoliche.
Più tardi, Grandi diventa stenografo al Senato, continuando la sua attività giornalistica e politica. Tenace, grintoso e caparbio, organizza numerose società operaie, sia a Roma che in altri posti, una anche a Valenza. Entra a far parte delle commissioni per le Istituzioni operaie e di previdenza e viene creato cavaliere della Corona d’Italia.
Achille Grandi conquista l’amicizia di Marco Minghetti, ultimo primo ministro di destra dell’Italia liberale, e di altri uomini politici della destra d’antan al potere, ma resta sempre in prima linea con l’unione operaia repubblicana. Fonda la Banca Cooperativa Operaia e una Cassa per gli infortuni sul lavoro e l’assicurazione degli operai, che, pur se ideologicamente inclinate, costituiscono la piattaforma iniziale per la futura legislazione in materia.
Sotto una vigorosa pressione popolare, nel 1884 viene eletto consigliere comunale in Campidoglio, con un’ampia maggioranza; sarà rieletto nel 1889, nel 1890 e nel 1892.
Sebbene osannato da più parti, decide di rifiutare la candidatura al Parlamento. Quello è il bivio cruciale, e a tal riguardo, per il suo antico principio morale, fa la seguente asserzione, una delle più importanti che ci ha lasciato: “Bisogna avere una posizione che vi faccia indipendenti da qualunque interesse altrui e da qualunque transazione con la propria coscienza ….. Questa posizione io non l’ho, dunque rifiuto”.
A causa di una violenta polmonite, muore a Roma il 9 aprile del 1893, a soli cinquantun anni, lasciando una moglie e otto figli. Al solenne funerale di Roma, la partecipazione popolare e di importanti esponenti politici è immensa, ma si nota con amarezza l’assenza del Comune di Valenza.
Dopo sole tre settimane dalla morte di Grandi, scompare anche la moglie Giulia. Gli otto figli della coppia saranno accolti in vari istituti e avranno tutti la possibilità di studiare, grazie a un governo che si è assunto l’impegno di provvedere a loro.