La piscina comunale di Valenza
Un nuovo approfondimento sulla storia della Città del Gioiello, che guarda all'attualità
VALENZA – Un argomento che incendia da molto tempo la discussione a Valenza è quello della piscina comunale. Oggi c’è chi lamenta la mancanza di questo servizio e chi, con disincanto, ragiona sui soldi necessari alla sua ristrutturazione, che potrebbero essere meglio impiegati per altri scopi. Le immagini dello stato disastroso dell’impianto danno ancor più fuoco alle polveri, poiché da molti anni la struttura è un catafalco ormai inutilizzabile e da demolire, che giace da molto tempo desolatamente chiuso. Vediamone la storia in breve.
Alla fine degli anni Settanta, l’amministrazione comunale trova in qualche modo circa 800 milioni di lire per realizzare l’impianto natatorio promesso più volte. Concepito sin dal 1972 e rinviato più volte per le difficoltà della finanza locale di reperire i fondi necessari, il progetto originale, che vedeva l’impianto situato sulla strada provinciale per Bassignana dal lato opposto all’Istituto d’Arte, è stato poi scartato per motivi logistici e per difficoltà di assestamento e di sbancamento del terreno. La nuova importante struttura sportiva, perciò, veniva situata nel vallone della Madonnina, tra la strada per San Salvatore e quella per Astigliano, e, pur non avendo ancora espropriato il terreno, l’amministrazione comunale si accordava con la parrocchia, che ne era proprietaria, per iniziare i lavori lo stesso.
I lavori procedono celermente e, verso la fine del 1981, prende avvio l’attività della rilucente piscina comunale coperta. È stata la più desiderata, la più a lungo attesa, la più costosa, e sarà la più tribolata delle strutture comunali di Valenza.
La vasca a sei corsie misura 25 x 15 metri, ha una profondità minima di 1,20 metri e massima di 1,80 metri; mentre per i principianti c’è una vasca di 15 x 5 metri a due corsie, con profondità variabile dai 60 agli 80 cm. Nelle sottogradinate vi sono sale per riunioni, uffici e biblioteca. Le gradinate hanno 600 posti a sedere. Il costo dell’impianto è di tre miliardi di lire e il costo di esercizio di circa un milione al giorno, sembra sia solo un ingombrante dettaglio. Chi vuole pensare male avanza il dubbio che si tratti di un monumento alla megalomania, oppure una iniziativa propagandistica di chi governa la città.
La gestione dell’impianto viene affidata all’appena costituita A.S. Valenza Nuoto, il cui presidente è un consigliere comunale comunista, Dario Raspagni; il revisore dei conti è Franca Annaratone Ravarino, moglie del capogruppo comunista, subito dipartita; la segretaria è Matilde Pisani, consorte del sindaco, una donna sorprendente per prodigalità e coraggio, che dà anima e corpo in questa avventura. Per tutto questo si apre una polemica anche con gli alleati socialisti e i ponti in Comune, già poco saldi, saltano in aria. La società sportiva di gestione viene definita dall’opposizione “a responsabilità comunista quasi illimitata” e di natura “partitico-familiare”. Al sindaco Luciano Lenti, in passato tanto adulato e con tanti che prosperavano alla sua ombra, viene imputata una certa insensibilità morale e una certa arroganza del potere – a sentire i non amici è sempre stata colpa sua di tutto – non solo dagli avversari e dagli inquieti compagni socialisti, ma persino da alcuni comunisti timorosi che questa vicenda possa castigare il partito nel prossimo momento elettorale. Fanno ancora peggio i tentativi di confondere le carte e di metterci una pezza assai più colorita del buco.
Il matrimonio con i socialisti è logoro da qualche tempo, con molti bassi e pochissimi alti, e le polemiche sulla piscina diventano un macigno. L’amen è recitato nella seduta consigliare del 17 marzo 1982: i socialisti, con un certo furore, denunciano un comportamento egemonico e presuntuoso del PCI e si dimettono dalla giunta, dove i comunisti restano soli e isolati al governo monocolore della città. Sono egemoni nei numeri (16 su 30 consiglieri) per una buona dose di fortuna nelle ultime comunali (45% dei voti), ma politicamente in difficoltà. È la classica buccia di banana con la cosiddetta goccia che fa traboccare il vaso già stracolmo. I comunisti Bellini e Leoncini sostituiscono gli assessori socialisti dimissionari Siligardi e Lottici. Per il PSI sarà una collocazione né in maggioranza né all’opposizione, spesso con l’astensione; l’alleanza resisterà sino alle elezioni del 26 giugno 1983, tra molte bizze e ritorsioni. Dopo poco tempo, a rendere la posizione dei comunisti sempre più scomoda, torna in causa la piscina comunale, che sta (apparentemente) a cuore ai Savonarola dell’opposizione, per l’affidamento della gestione del bar, senza gara, a una persona vicina al PCI. Una lagna in un clima rovente su un cattivo esempio che sfiora il ridicolo.
Dopo i contrasti e certi disvalori semantici, negli anni successivi la gestione dell’impianto, che ha anche la vasca esterna, prosegue con una buona affluenza, con certa compiutezza e con la beata routine dei molti frequentatori nei corsi e nella libera balneazione, ma, dopo il mantenimento dello status quo ventennale e passata la sbornia del denaro facile, verso la fine secolo, spuntano alcuni problemi con i primi fuochi d’artificio, che hanno una crescita lenta e inesorabile; poi, nel 2003, la piscina deve essere temporaneamente chiusa per la depurazione dell’acqua e del locale. Negli anni che seguono, si cerca in tutti i modi di riqualificare l’impianto, ma senza riuscirci; anche il modo di conduzione mette più volte in difficoltà il Comune, la cui risposta non è mai chiara: sì, ma anche no.
Mascherata di buone intenzioni e per dare l’illusione che qualcosa si faccia, nel novembre del 2007 la gestione della piscina comunale viene affidata all’AMV S.p.A., mentre l’Associazione Sportiva Dilettantistica Swimming Club di Alessandria, con la Scuola di Nuoto Federale, garantisce la conduzione di un certo livello professionale con propri assistenti bagnanti e istruttori. Ma i conti non tornano e il nuovo orientamento velleitario, che risponde a ragioni di consenso, rischia di essere una scelta poco lungimirante.
L’impianto, che, a essere schietti, non sussiste quasi più, è ormai obsoleto e necessita di interventi radicali che l’amministrazione comunale, sempre più imbarazzata e con le tasche vuote, non è in grado di attuare economicamente da sola. La struttura sportiva non risponde più alle moderne esigenze gestionali di questi tempi, anche se la piscina valenzana è uno dei pochi impianti della provincia con una vasca olimpionica. Nel bilancio 2012, sono registrati costi in passivo pari a 169mila euro, che si è accollato il gestore AMV (Azienda multiservizi valenzana s.p.a.), da sommare ai 230mila euro stanziati annualmente, come da convenzione, dal Comune di Valenza.
Ormai non c’è pace per la piscina comunale e, dal punto di vista elettorale, cavalcare il disagio fa comodo a molti; forse servirebbe qualche amministratore acuto e lungimirante, merce sempre rara. Questa è una struttura di oltre trent’anni che necessita di una riqualificazione complessiva e, soprattutto, un onere economico in considerazione dei costi legati ai consumi. Si continuerà ad avere visioni futurologiche strampalate, becchini d’eccezione e un impianto obsoleto, un carrozzone sgangherato diretto verso il precipizio: la piscina coperta chiusa e abbandonata, più palloni di copertura che vanno su e giù, a caro prezzo, ad ogni cambio di stagione o tunnel di collegamento con gli spogliatoi molto criticati nei periodi più freddi, sono le uniche soluzioni tampone attuabili con scarsa probabilità di successo.
In futuro, l’amministrazione non avrà scelta alternativa alla chiusura dell’impianto. Nel 2013 l’attività è sospesa, in attesa del bando per un impianto nuovo; si dice per un anno circa, ma tra poco lo sarà per sempre con discussioni infinite e opposte tifoserie. Campa cavallo: era inevitabile, mentre non lo sarebbe stato se si fosse intervenuti decisamente molto prima.
Con piglio onirico, la Swimming Club, chiederà persino di poter gestire in proprio l’impianto natatorio, continuando a utilizzare questa struttura obsoleta senza interventi di ristrutturazione e lasciando la piscina coperta ancora in stato di abbandono: fu un grave errore quando si preferì spendere milioni di euro per l’impianto esterno, senza dare priorità all’edificio della vasca coperta e alla sua manutenzione. Molti lo sanno ma non riescono a dirlo.
Nel 2018 il Comune sancisce anche la risoluzione di un contratto di project financing con lo Swimming Valenza per la progettazione, costruzione e gestione della nuova piscina, a cui si aggiunge la volontà astratta di acquisire il vecchio complesso a 450 mila euro, da reinternalizzare dalla società Vi.Val srl attraverso un mutuo di 450 mila euro: tentativo nemmeno fallito semplicemente non mai iniziato. Sulla base di queste scempiaggini, nascono utopie velleitarie, orpelli infarciti di retorica e frasi ovvie e altro tempo trascorso, tanto lungo quanto inutile, con malumore dilagante.
Il comitato cittadino a difesa della piscina propone di riaprire almeno l’impianto scoperto, ma la distruzione pressoché completa della parte interna complica la situazione. Qualcuno, consapevole dei limiti economici del Comune, aggiungendo un altro tocco di surreale, propone di avviare una raccolta fondi per il restyling o un crowdfunding per raggiungere lo stesso scopo, ma dovrebbe essere un impegno robusto, visto che il project financing avviato nel 2014 con un’ATI di tre aziende prevedeva la cifra di 4 milioni di euro per la demolizione, la ricostruzione e la gestione della struttura con il sostegno comunale di circa 150 mila euro l’anno. Ma la disponibilità economica del Comune, proprietario della piscina, non può provvedere alla necessaria manutenzione straordinaria dell’impianto. Nessuno è più in grado di stabilire alcunché di preciso; a parole questa piscina la vorrebbero tutti ma nessuno se la piglia. È tutto falso ma tutto appare vero, le pretese e i desideri dei valenzani mettono a dura prova i governanti locali in totale confusione e bersagli ideali.
Infine, in questi giorni, l’amministrazione comunale di Valenza, resuscitata dal letargo, ha deciso di ricorrere con audacia a una società esterna, ai servizi di ASMEL CONSORTILE s.c. a r.l… che ha già emesso il bando per l’appalto di lavori di “riqualificazione e riorganizzazione funzionale del centro natatorio sito in Valenza, via Castagnone – I lotto funzionale di intervento”; un bel passo avanti per la gestione della piscina esterna, purché, come al solito, non si finisca a incagliarsi nelle procedure.
In questo modo, a condizione di togliere qualche nenia piena di banalità e intrisa di ipocrisia e certi tabù dai nostrani sinistri e destri, sarà forse possibile procedere per la costruzione di un nuovo impianto funzionale. Qualcuno ci crede, altri meno. Insomma, non trapela grande ottimismo, c’è solo da sperare in un’azione rapida e ardita come operazione d’emergenza ma, soprattutto, come si preferisce oggi, bisognerà anche rivolgersi a qualche magia e non più ai santi per togliersi da questa insoddisfazione generalizzata.
Il cammino, però, sembra ancora lungo e sta di fatto che la piscina, ad oggi, è un rudere, chiuso sine die, cosa che dovrebbe suscitare imbarazzo e non solo ironia, per questa città tanto esaltata per altri pregi ma costretta dall’irrilevanza e dalla confusione ad adattarsi all’andare dei tempi.
Del resto, non si vede un’alternativa.