Imprese, le previsioni: flessione di fine anno e rischio di crescita zero
Buone notizie, per fortuna, arrivano dall'export
Alla fine i timori per il problema dei problemi, l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia, incide sulle previsioni degli imprenditori della provincia, raccolte nell’indagine congiunturale di Confindustria Alessandria che presenta lo scenario di fine anno, da ottobre a dicembre.
Il clima economico non è favorevole e il rischio della crescita zero è dietro l’angolo. Per fortuna l’export tiene e le imprese hanno ancora voglia di investire: «Servono però – sottolinea la presidente Laura Coppo – azioni concrete e politiche a medio termine. Il fatto è che l’allarme costi, in particolare quello dell’energia, si aggrava. E lo shock abbatte le prospettive di crescita». Come viene rilevato, l’incidenza dei costi energetici sale dal 4,9% al 9,8. E per il 2023 è previsto un ulteriore aumento del prezzo del gas, una autentica impennata dai 47 euro dello scorso anno ai 150 odierni e ai 204 ipotizzati per il prossimo. Per questo si parla di crescita zero: «Senza un tetto a questo aumento, ipotizzato dal Centro studi di Confindustria a 100 euro, sicuramente sarà così».
Ma resta la propensione a investire
Dunque i principali indicatori sono in flessione rispetto alla precedente indagine. La previsione della produzione è a +1 (da +22), quella degli ordini totali scende a -1 da +10 e, in realtà, anche gli ordini export calano: da +2 passano a zero, ma questo, in definitiva, è un segnale di tenuta che conforta gli osservatori. Peggiora drasticamente la previsione della redditività (dal precedente -7 all’attuale -28 che è anche superiore rispetto al -23,9 piemontese). Per fortuna la propensione a investire è in crescita di due punti e viene dichiarata dall’84% delle 118 imprese associate prese a campione. Altrettanto dicasi per quella dell’occupazione, evidentemente conseguenza della voce precedente: passa dal +13 del trimestre precedente all’attuale +14, anche meglio della media regionale (+9,8).
Per quanto riguarda i settori produttivi, le aspettative migliori riguardano il metalmeccanico, mentre sono più pessimistiche quelle della chimica e della gomma plastica.
Va detto che lo scenario nazionale e provinciale non si discosta di molto da quello dell’Eurozona: «Un problema geopolitico senz’altro – osserva Beppe Monighini, responsabile dell’Ufficio studi e autore del report – ma l’altro problema sta nel fatto che gli interessi della finanza non coincidono con quelli di chi produce».
Quanto potrà durare questo andamento? E inciderà sulla solidità dell’Unione Europea? In questo senso non c’è da essere ottimisti, considerato che tra gli aumenti, viene considerato meno degli altri quello dei costi di logistica e trasporti – condizionato indubbiamente dal prezzo dei carburanti -, che invece lascia il segno. Se lo aspettano l’84% dei nostri imprenditori. E quasi ovunque, nel mondo, l’inflazione è in aumento e riduce il potere di acquisto delle famiglie.