«Rispetto a un anno fa i vaccini permettono di gestire la pandemia»
Le valutazioni di Carluccio Bianchi, docente di Macroeconomia dell'Upo
Da oltre un anno e mezzo, il professor Carluccio Bianchi analizza i numeri della pandemia. Con il docente proviamo a fare ora il punto della situazione, tracciando un bilancio e provando a immaginare i possibili scenari.
Professor Bianchi, quale fase della pandemia stiamo vivendo?
È un momento abbastanza delicato, che va monitorato con la massima attenzione, soprattutto perché siamo di fatti entrati nella stagione autunnale. Un periodo dell’anno nel quale le attività al chiuso sono sempre più frequenti.
La tendenza delle ultime settimane, sia a livello nazionale, che in ambito regionale e provinciale, evidenzia un aumento dei nuovi casi di positività. Dobbiamo preoccuparci?
Il livello di guardia deve sempre rimanere molto alto, ma non c’è paragone rispetto al passato. Per esempio lo scorso novembre la situazione era completamente diversa.
I numeri erano più alti?
Faccio un esempio concreto, che ritengo sufficientemente eloquente: oggi in Piemonte i contagi medi giornalieri sono 228, un anno fa erano 2484. Le terapie intensive 19 contro 174, gli ospedalizzati 178 contro 2683. E i decessi, nei sette giorni dal 24 a 31 ottobre, 9 contro 135.
Quanto ha inciso la campagna vaccinale?
Moltissimo, e tutti i vari studi lo testimoniano in maniera chiara. Rispetto a un anno fa, i vaccini permettono di gestire la pandemia. Ma al di là dei numeri, ci sono anche evidenze molto più dirette: a Trieste, per esempio, ‘capitale’ delle manifestazioni contro il Green Pass, l’incidenza dei nuovi contagi è la più alta di tutta Italia. Ai confini della zona gialla, con conseguenze che sarebbero gravi anche da un punto di vista economico per esempio.
A suo parere, il Green Pass è uno strumento utile?
Senza dubbio, prima di tutto perché rappresenta un incentivo alla vaccinazione, e poi perché presuppone il mantenimento di tutta una serie di cautele che sono indispensabili. Il vaccino è determinante, ma vanno mantenute anche le altre ‘regole’, a cominciare dalle mascherine.
Qualcuno si lamenta del fatto che il ‘certificato verde’ sia una prerogativa soltanto italiana…È davvero così?
Non è vero, sempre più Paesi stanno adottando questa formula. L’Austria, addirittura, minaccia di ricorrere a nuovi lockdown solo per coloro che non sono vaccinati.
Rispetto ad altre zone d’Europa e del mondo, da noi la situazione è al momento sotto controllo. Dove sono invece le criticità maggiori? E quali rischi corriamo?
L’Est Europa, in questa fase, sta facendo i conti con una recrudescenza del virus, determinata soprattutto dalla basse percentuale di immunizzazioni. E i dati, drammatici, purtroppo non riguardano solo i contagi, ma conseguentemente anche pressione ospedaliera e decessi. In un mondo globalizzato, il rischio è sempre dietro l’angolo, per questo motivo prudenza deve rappresentare sempre la parola d’ordine. L’Italia ha una mortalità tra le più ridotte e deve proseguire su questa linea.
Dall’inizio della pandemia, qual è stata l’ondata più aggressiva?
Senza dubbio la seconda, quella dell’autunno 2020. A febbraio, quando scoprimmo il problema e ricorremmo al lockdown, riuscimmo a proteggere le regioni centrali e meridionali, con il Nord che invece ha pagato un prezzo altissimo in termini di vittime. Dopo l’estate, invece, il contagio divenne più generalizzato, senza risparmiare nessun territorio. Per fortuna, quasi un anno fa oramai, ha preso il via la campagna vaccinale.
Analizzando i dati, emerge che i contagi più recenti riguardano soprattutto i più giovani. Che cosa ci deve insegnare questa analisi?
Che serve grande attenzione, soprattutto nelle scuole, perché tra gli studenti ci sono le percentuali più alte di non vaccinati. E il contagio, diretto o indiretto, parte proprio da lì. Dobbiamo essere bravi a intercettare e a tracciare.
A suo parere, quali sono le prospettive per il futuro?
Considerando la stagione e la fisiologica perdita di efficacia dei vaccini con il passare dei mesi, bisogna procedere rapidamente con le terze dosi. Da estendere non solo a fragili e over 60, ma anche a tutti coloro che sono più esposti, come il personale sanitario e quello scolastico. È su questo terreno che si giocherà la partita decisiva.