L’Opera Pia Pellizzari di Valenza
VALENZA – L’assistenza alle persone bisognose, fondamento del livello di civiltà d’ogni popolo, con il tempo ha assunto la configurazione di diritto inalienabile dell’uomo-cittadino.
Sin dal medioevo l’assistenza ai ceti più deboli è offerta da organizzazioni di natura religiosa o privata. Dopo l’unificazione del Paese, gli orfanotrofi, gli asili per l’infanzia e ogni genere di soccorso ai poveri sono soprattutto gestiti da opere pie che, grazie alle rendite di vasti patrimoni frutto di lasciti e donazioni, svolgono un fondamentale compito sociale.
Il 24 gennaio 1834 il sacerdote valenzano don Massimo Cordara Pellizzari, cavaliere dell’Ordine de’ Santi Maurizio e Lazzaro, nomina nel suo testamento suoi eredi universali i poveri di questa città e territorio ed istituisce per loro l’Opera Pia Pellizzari. Con questa scelta, liberata da precedenti atti, diventa uno dei personaggi che più hanno inciso sulla vita sociale e pubblica di Valenza.
Egli nasce a Valenza il 23 dicembre 1749 nella casa paterna adiacente al palazzo omonimo, da Giovanni Battista Cordara Pellizzari e da Teresa Pellizzari. Una famiglia valenzana di censo che ha dato il nome alla località in sorte Bedogno che ora appartiene al Comune di Pecetto. Filantropo, maestro del pensiero, profondamente devoto, entra nell’ordine dei Domenicani e diviene valente insegnante di filosofia a Parma e a Bologna. Rientra a Valenza alla morte dello zio can. cav. Carlo Andrea Pellizzari e ne raccoglie le eredità con i suoi fratelli Bartolomeo, Simone e don Biagio, beni che passano a lui alla loro morte. Don Massimo si spegne l’11 marzo del 1836. Come sua volontà è tumulato nella chiesetta di S.Pietro, di sua proprietà, adiacente al cortile rustico del palazzo, terreno che fino al 1806 è stato cimitero del Duomo, quindi soppresso nel periodo napoleonico.
Lo zio deceduto aveva dato inizio verso fine ‘700 alla costruzione dello splendido palazzo in stile neoclassico, sede attuale del Comune, sicuramente il più attraente della città, che ha ospitato Napoleone, dato da don Massimo in usufrutto alla cognata contessa Carolina Cavalchini, vedova del fratello Simone detentore della pertinenza sul palazzo (sindaco nel 1814).
Con il testamento, composto di un vistoso patrimonio immobiliare, e successivi atti del 1834, è fondato un Ente Morale, riconosciuto da Re Carlo Alberto con decreto del 24 agosto 1836, che ha come principali finalità “la protezione della maternità e dell’infanzia, il soccorso a poveri ed infermi e di provvedere al mantenimento agli studi sia civili che religiosi di giovani dotati ma privi di mezzi”. I locali a pian terreno del palazzo, a destra del grande scalone, sono utilizzati quale ufficio dell’Amministrazione dell’Opera istituita.
Il primo regolamento per la gestione dei beni lo detta lo stesso testatore nel suo lascito, nel quale nomina anche la prima Amministrazione, stabilendo che il parroco, il sindaco e il giudice siano membri permanenti. In seguito la struttura dell’organismo è più volte modificata; nell’ottobre 1857 viene stilato un regolamento interno, nel febbraio 1896 si rinnova lo statuto e nel gennaio 1904 si cambia il regolamento.
Nel 1890 l’Opera Pia è trasformata in Ente Pubblico (legge Crispi) entrando a far parte delle Istituzioni Pubbliche di Beneficenza. Successivamente nel dicembre 1930 diverrà una Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza (I.P.A.B.) e, quattro anni più tardi, sarà eretta a Ente Morale.
Nel corso degli anni diverse nuove disposizioni nazionali provano a mettere ordine in una materia tanto complessa come quella delle opere pie; una parabola in un contesto severo e conservatore dove sono spesso incolpate di essere uno “Stato nello Stato” che non risponde mai a nessuno, con sostegni e abitudini clientelari. Molte di queste, come la nostra, oltre a ricevere generose donazioni incassano anche i canoni di affitto per locali e per la fornitura di servizi dalle amministrazioni comunali e da privati. In realtà, le tante norme approvate, di dubbia interpretazione, mettono specialmente in gioco facoltà, priorità e maniere di concepire la vita di queste istituzioni senza, tuttavia, obbligare a sottoporre il loro operato ai cittadini.
Nel 1850 (rettore Alessandro Cassolo, sindaco della città nei turbolenti anni 1848-49) l’Opera Pia Pellizzari erige a proprie spese un asilo per l’infanzia, ristrutturando un fabbricato di proprietà posto in Circonvallazione Est (oggi largo A.Frank) denominato Casa di Bellezza. La sua apertura avviene nel 1852 e già dopo pochi anni le richieste d’iscrizione sono centinaia. Ne gestisce uno anche nella frazione di Monte che in questi tempi ha quasi un migliaio di abitanti.
Viene alla luce la scuola pubblica, nel 1861 si dà via all’alfabetizzazione con i soldi dello Stato e non più con la carità dei fedeli misericordiosi; gli allievi delle scuole elementari valenzane sono più di 300. Anche la Società Artisti e Operai apre una propria scuola serale elementare: i partecipanti superano il centinaio. L’Asilo Pellizzari ha circa 200 iscritti.
Tra l’altro, con lo scopo di soccorrere l’indigenza materiale e i bisogni dei valenzani sotto qualsiasi forma, la benefica fondazione distribuisce lasciti per la prosecuzione degli studi a studenti in ristrette condizioni economiche. Verso la fine dell‘800, usufruiscono dei sussidi alcuni studenti bisognosi che diventeranno personalità rilevanti di Valenza quali: Luciano Oliva (poi sindaco), Vincenzo Gandini (poi noto medico) e altri.
Nel corso degli anni, le disposizioni testamentarie sono diligentemente eseguite con linearità e coerenza dall’Amministrazione dell’Ente finché gli organismi pubblici non subentrano gradualmente nello svolgimento di vari compiti dell’Opera. Sono rimosse progressivamente le attività sanitarie e certe prestazioni assistenziali, mentre rimangono sempre in vita le scuole materne (gestite anche come prodotto commerciale).
Nonostante le voci avverse, durante la Grande Guerra e sino al 1919, si ripetono gli insediamenti militari nei locali con discrepanze ricorrenti tra l’ente, retto da Giovanni Merlani e dal cons. teol. don Giuseppe Pagella parroco del Duomo, e il Comune o l’Autorità Militare. Sono sempre ingenti le spese e pochi i fondi disponibili; la guerra, però, ha fatto emergere un grande senso di solidarietà che negli ultimi anni si era un po’ sopito.
Nel 1930, in pieno regime, (direttore Abbiati sostituito per dimissioni da Torra) per ridurre i costi viene deciso di escludere il personale laico e l’asilo è affidato dal 1931 alle Suore del Piccolo Ricovero della Divina Provvidenza di Alessandria che lo gestiranno fino al 1978 quando subentreranno le Sorelle della Congregazione di Santa Cecilia. Dirige l’asilo Suor Virginia Cambiagli, che resterà per lungo tempo. Nell’anno scolastico 1932-33 frequentano le elementari di Valenza 402 maschi e 352 femmine, nell’Asilo Pellizzari ci sono circa 120 bambini.
Nel 1935 l’Opera Pia aderisce alla richiesta del podestà Grassi e concede gratuitamente all’Opera Nazionale Maternità ed Infanzia alcuni locali adiacenti l’asilo per la realizzazione di un nido d’infanzia (inaugurato nel 1936) gestito dalle Suore del Piccolo Ricovero per l’O.M.N.I. Il parroco Mons. Giovanni Grassi e il presidente Anselmo Ceva sono ora gli artefici della gestione che ottiene importanti benefici dal Comune e da generosi privati (Melchiorre, Marchese, Pavese, Raiteri, Ceva, Meregaglia, Lenti).
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In pratica, nel 1940 in città l’Asilo Pellizzari in via Magenta è la sola scuola materna il cui organico è composto di 7 suore più 4 nel nido per un impegno arduo e faticoso. I tempi incontrano atti drastici e nel 1943 l’Amministrazione in carica viene sostituita dal Commissario Prefettizio Federico Vaccari; una partita delicata, ma l’organismo direttorio ritorna alle sue funzioni l’anno dopo.
Nel secondo dopoguerra, in concorso con l’Ente Comunale di Assistenza (E.C.A.), l’Opera Pia provvede alle gravi necessità delle famiglie più bisognose ed agli immigrati che provengono da luoghi meno fortunati del nostro Paese. Una missione svolta con orgoglio e umiltà mentre si sta entrando nella modernità, eppure non mancano elementi di preoccupazione.
Nonostante siano sempre generose le offerte ricevute da insigni benefattori, nel corso dei tempi l’enorme patrimonio immobiliare si è sempre più assottigliato riducendosi alla proprietà di Palazzo Pellizzari sede del Comune, dell’immobile di Largo A. Frank nel quale sono situati l’asilo e l’abitazione delle suore (dal 1968 la nuova superiora è Evangelina Martagliati) e di un terzo fabbricato situato a Monte Valenza.
Un mutamento radicale avviene invece nel 1970 quando l’ente morale riceve l’eredità di Ercole Borra che dà luogo ad una consistente crescita patrimoniale e, soprattutto, ad un aumento della rendita proveniente dagli affitti degli immobili.
In marcia verso assetti nuovi, in un’ottica di sistema che aiuta ad esprimere scelte utili alla città, le ultime realizzazioni rivelano quanto l’Opera Pia sia vitale e presente nel contesto della città: la ristrutturazione di Palazzo Pellizzari, sede del Comune, la costruzione della Residenza Assistenziale Flessibile per disabili (RAF) denominata Casa Protetta, la ristrutturazione dell’asilo (Scuola Paritaria Materna) che resta una memoria storica di Valenza. Dal settembre del 2004 il C.d.A. è presieduto da Francesca Oddone che ha sostituito il dimissionario avv. Giuseppe Lunati.
Il busto con una lapide di don Massimo Cordara Pellizzari è collocato nello scalone dell’antico Palazzo Pellizzari, di proprietà dell’ente morale, sede principale del Comune di Valenza che vi ospita, oltre a diversi uffici e servizi, l’ufficio del sindaco e il salone consiliare. Ci ricorda costantemente la storia di un servizio e un aiuto volontario offerto da quest’Opera Pia alla comunità locale da quasi due secoli.