Valenza e il ciclismo
Una nuova 'pillola' di storia locale con il professor Maggiora
VALENZA – Verso la fine dell’Ottocento Valenza conosce un vigoroso incremento economico che si riflette finanche nelle pratiche sportive. La ginnastica, l’atletica e il pugilato la fanno da padroni, ma è il ciclismo che offre ai valenzani gli spettacoli più esaltanti: una disciplina che sta conquistando popolarità infinita. È una delle più diffuse nel mondo, dove le prime competizioni agonistiche in bicicletta sono sbocciate dalla seconda metà del XIX secolo e si svolgono pressoché unicamente in “pista”.
A Valenza, nella pista ciclistica ellissoidale (ciclodromo formato da due rettilinei e da due curve) di circa 700 metri, che occupa la zona oggi delimitata da piazza Gramsci e via Trieste, nella buona stagione si susseguono corse e allenamenti con la partecipazione dei principali campioni del momento. È stata tracciata, con estro, dall’ing. Carlo Grassi, il quale si è preoccupato di dotare l’opera d’ampie tribune e di cintare l’intera superficie della pista con una staccionata. Nel mezzo del campo è stato scavato un pozzo per annaffiare il terreno della pista. Nulla manca e tanto meno la campanella che dà il via alle emozionanti volate conclusive delle gare. Nella casa Melchiorre, ritrovo degli atleti del pedale, non si parla che di rapporti tra ruote dentate, di “tempi-cronometro”, di case costruttrici di biciclette: le Humber e le Raleigh (inglesi), le Brennabor (tedesche), le Peugeot (francesi, forse le migliori). Fra le italiane prevalgono le Prinetti, le Stucchi e le Bianchi. La Folgore del Castagneri di Alessandria è la più discussa.
Siamo negli ultimi anni dell’Ottocento e molti baldanzosi fuoriclasse giungono da ogni parte per gareggiare qui da noi; si chiacchiera molto di Federico Momo, Pietro Bixio, Alaimo, Mosconi e dei valenzani Celeste Melchiorre (figlio di quel Vincenzo autorevole promotore dell’oreficeria valenzana) ed Armando Torra, due corridori molto resistenti e veloci, soprattutto nelle gare a cronometro. Si battono alla pari con i grandi, sorretti da una buona dose di temerarietà e dal tifo generoso e convinto dei valenzani. Il gruppo dei nostri ciclisti fa parte della Sezione Velocipedistica del Circolo Ginnastica Valenza.
Tuttavia, col passare del tempo, l’impianto si profuma d’incertezza; inesorabilmente, le corse si sfoltiscono e per la pregevole e vantata pista valenzana, ormai sciupata dall’incuria, è la fine. Per ignoti motivi, la cinta è abbattuta, con amaro ed estremo disdegno, le tribune e gli spogliatoi sono cancellati da un incendio: forse un atto di sommo feticismo sacrificale.
Nel nuovo secolo, la bicicletta si converte in pochi anni da passatempo aristocratico e vagamente eccentrico in mezzo di trasporto di massa. Poi, nel 1915, viene l’ora del Piave, molti giovani valenzani entrano nell’estesa fornace della Grande Guerra. Hanno tifato i loro campioni sulle due ruote, ma ora si trovano a reggere altri combattenti; le montagne sono le stesse, ma adesso sono scenari di una ben più sofferta vittoria.
Gli anni venti segnano la nascita d’alcuni gruppi ciclistici in questa città (Ciclistica Valenzana, e altri), anche se molti dei nostri corridori non hanno neppure biciclette efficienti per competere alla pari, ma soltanto cicli “arrangiati” alla meno peggio. Allo sviluppo dell’oreficeria si accompagna anche la crescita di una passione per un ciclismo che negli anni successivi aumenta in modo esponenziale senza precedenti, passando da raduni che accolgono qualche decina d’iscritti nei primi anni venti ai raduni degli anni trenta dove, per certe manifestazioni, si devono limitare le iscrizioni “a numero chiuso” poiché troppe sono le richieste di partecipazione.
Durante il ventennio fascista, il regime assegna un ruolo fondamentale al ciclismo, come simbolo della mitologia italiana e della forza della nazione. Nel frattempo, cresce il ciclismo amatoriale e del tempo libero, tanto da diventare un rilevante fatto sociale anche nella nostra città. Vengono sviluppate pure alcune agguerrite compagini di ciclisti amatori, la cui vivacità è garantita dalla realizzazione di competizioni ad hoc. Tra i ciclisti del Gruppo Ciclistico di Valenza- Gioventù Italiana del Littorio primeggia Ferdinando Annaratone.
Nelle gare locali si parte da piazza Italia e si arriva in via Matteotti (da Alessandria). La classicissima è la Coppa San Giacomo con il consueto percorso dei 32 (Valenza-San Salvatore-Alessandria-Valenza) compiuto per quattro volte. Ai bordi della strada, sterrata e polverosa, il pubblico è numeroso e una gran folla si riversa nella zona del traguardo.
Gli anni Trenta sono plurali in tutto, anche nel ciclismo. È un decennio durante il quale i giovani valenzani puntano in gran parte su questo sport. Tra i diversi corridori valenzani dell’epoca, sempre fieri di rappresentare la loro città e di mostrare le loro qualità, luccicano il robusto passista Nello Terzano (detto La Mora, classe 1916), il minuto e caparbio Alberto Fassino (un artigiano orafo, classe 1919) con lo scatto bruciante quando la salita diventa più impervia (si allena spesso con Fausto Coppi), Carlo Marcalli (classe 1917), Achille Molinelli (classe 1922), Carlo Varona (detto Scaiò) e il vigoroso sprinter Aldo Lenti di Mugarone (detto Murunò).
Partecipa al Giro d’Italia 1935 il concittadino Osvaldo Della Latta (detto Ratò, nato nel 1914). È tra i principali corridori valenzani di tutti i tempi, vincitore di moltissime corse, per lui la volata in gruppo è solo una formalità; tra i dilettanti, vince il Campionato Italiano di categoria e prende parte ai mondiali di Lipsia nel 1931 come indipendente.
Negli anni “imperiali” tra i corridori valenzani ci sono anche Accatino, Cattaneo, Moraglio, Pareto, Trinchero, Visconti.
Poi arriva una nuova catastrofe che parrà interminabile: la seconda guerra mondiale, con tutti gli spudorati annessi. Qualcuno corre ancora, seppur con intensità minore, quale il valenzano Carlo Spagliardi (classe 1923); un dilettante robusto e bizzarro (fin troppo direbbe qualcuno), operaio calzaturiere che si farà onore nel dopoguerra imponendosi di forza in diverse gare. Tra i dilettanti si mette in evidenza il valenzano Bistolfi: un fortissimo scalatore, troppo intimorito nelle discese. E poi ci sono quelli che corrono sulle due ruote per spasso, non disdegnando di sfidarsi con gli altri, offrendo in ogni caso spettacolo ed emozioni. Tra questi, Scaglione, Arduini, Meneghello, Geremia, Lenti e qualche nuovo interprete che fatica a dimostrarlo: in fondo è bello anche sognare in grande e immaginare ciò che non si può essere.
Nonostante le promesse di modernizzazione, l’Italia è ancora per lo più contadina, ma le strade asfaltate sono sempre più numerose e le biciclette sempre più tecniche: finalmente viene inventato il cambio. Il ciclismo porta una ventata d’affrancamento, d’ottimismo e voglia di normalità, la gara ciclistica è una partecipazione collettiva, gradita a una gran fetta di popolazione: chi offre la bottiglia di minerale, chi un foglio di giornale per ripararsi dal freddo, chi ha pronto il secchio dell’acqua, chi avvisa dei ritardi e chi informa di quanto manca all’arrivo. È un momento inebriante che dura pochi minuti ma che lascia tutti contenti di esserne partecipi.
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Grazie alla determinazione e alla dinamicità di un gruppo di sportivi valenzani, quali Elvezio Braggione, Fulvio Gobbi, Ottavio Mazzucco, Giuseppe Nebbia, Giuseppe Prato e altri fan sfegatati (alcuni diverranno dirigenti storici), nel 1953, viene alla luce l’Anpi Sport Valenza, società sportiva indirizzata al ciclismo. Questi appassionati, con il primo presidente Nino Javello, danno vita in poco tempo ad una rilevante attività ciclistica giovanile nella nostra città. Negli iniziali anni di vita, questa società sportiva che ha adottato quali colori sociali il rosso-blu, si avvale come sede di un ambiente nell’appena nato Valentia (1958).
Ben presto, il calendario degli impegni diventa estremamente nutrito e arrivano i primi frutti di un lavoro portato avanti con serietà e impegno tra i più giovani. Le corse organizzate dall’Anpi Sport permettono alla Società di avvicinare molti giovani della zona a questa disciplina. Tra i molti ragazzi, si affermano Alberto Vescovo e Giorgio Zancanaro (avranno l’onore di gareggiare successivamente fra i professionisti). Zancanaro, allievo e dilettante di terza a Valenza, professionista dal 1961 al 1968, conta la vittoria di tre tappe nel Giro d’Italia e si afferma al terzo posto nella classifica finale del 1963. Vescovo diventa professionista nel 1964, partecipa al Giro della Svizzera, al Giro di Lombardia e alla Milano-Sanremo.
Sempre tra gli anni ’50 e ’60, consegue risultati rilevanti in questo sport il valenzano Giorgio Cassina. E’ potente in salita e negli sprint finali, colleziona una cinquantina di primi posti.
Nel 1963 la scuderia valenzana ottiene l’incarico di organizzare il Giro del Piemonte per professionisti (21 luglio 1963), nel 1973 programma e allestisce il Campionato italiano della categoria Allievi, mentre nel 1974 riesce a portare in Valenza l’arrivo di una tappa del Giro d’Italia, massima espressione del ciclismo nazionale. L’arrivo della 15° tappa Sanremo-Valenza, del 31 maggio 1974, si conclude con una volata in via Camurati (maglia rosa Eddy Merkx).
Le corse organizzate dall’Anpi Sport permettono a questo sodalizio di avvicinare molti giovani della zona a questa disciplina. Sono tanti i corridori valenzani che si mettono in luce negli anni ’70-’80, come Giovanni Beltrami, Tiziano Depetris, Gian Paolo Cioccolo, Massimo Zublena.
Frattanto si diffonde un modo diverso di praticare il ciclismo. Non solo attraverso impegnative e selettive gare agonistiche, ma anche attraverso l’attività turistica, ricreativa e di benessere fisico.
Nel 1974 nasce il gruppo sportivo cicloturistico “Pedale Club Valenza” che raccoglie appassionati di ciclismo (divisi in gruppi d’età, tra cui diversi ex corridori): organizzerà uscite in bici in compagnia, di un singolo giorno o vere e proprie gite-vacanze su due ruote. Ancora oggi è oltremodo operoso.
Nel 1975 sopraggiunge la genesi di un’altra organizzazione ciclistica: il “Centro Gomme”. Il gruppo, istituito ufficialmente nel 1976, cambia denominazione nel 1978: Gruppo Ciclistico Renault (dove avrà la sede). Nel 1986 muterà nuovamente appellativo e diventerà “Velo Club Valenza”. Proseguirà nelle varie imprese sino al 2002. Sono sodalizi sportivi che svolgono principalmente attività di cicloturismo ma non disdegnando anche l’organizzazione di corse.
Finito il lavoro (generalmente seduti al banco orafo) si va sulla bici per allenarsi e allietarsi, poi nelle fatiche domenicali questi nostri ciclisti locali sono sempre seguiti da automezzi con i propri familiari che si divertono nell’assistere alle imprese del congiunto, scoprendo luoghi incantevoli e condividendo a vicenda le emozioni.
Molto agguerrito e con finalità competitive è il Gruppo Sportivo Oreficeria Santangelo Valenza, creatosi nel 1990. Il suo presidente è Vito Santangelo, che funge anche da sponsor, ma il factotum-direttore sportivo è il finisseur ciclistico Alberto Vescovo. Nel duemila, anche in questo team, si manifesta il solito fisiologico declino che lo trascina verso lo spegnimento.
Gli anni Novanta e Duemila sono ancora abbondanti di successi per i più giovani corridori valenzani e per il longevo sodalizio sportivo locale. Girano in ogni parte mostrando con orgoglio la loro tuta (e la loro maglia) con la dicitura Anpi Sport Valenza. Appartengono tutti a quell’elettrizzante fase della vita chiamata giovinezza, dove i sogni, alcune volte, si mescolano con la realtà. In questi anni i giovanissimi valenzani Cristian Melis, Matteo e Marco Depetris, Chiara Simeon, Michela Massocchi conseguono, in modo affascinante, un numero infinito di vittorie. Nel 1991 sale alla presidenza di questa società sportiva Danilo Massocchi: porterà sulle spalle il peso per alcuni lustri e svolgerà un ruolo cruciale per la sopravvivenza di questo sport a Valenza. Nel nuovo secolo si sviluppa un progetto che prevede l’unificazione dei ciclisti valenzani in un’unica istituzione. Essa nasce nel gennaio 2007 e prende il nome di Associazione Sportiva Dilettantistica Ciclistica Valenza, attualmente ancora attiva. Si conclude il lungo e glorioso tragitto dell’Anpi Sport Valenza, di cui questa città deve mostrarsi fiera.
Oggidì, per diversi motivi, i gruppi ciclistici valenzani tirano avanti con l’acqua alla gola. Cattive notizie, quindi, che però non devono allarmarci troppo: ecco un antidoto alla crisi di talenti locali. Nella vicina Pecetto di Valenza, il sodalizio ricreativo-sportivo “ASD La Fenice MTB” pare abbia restituito al ciclismo locale un futuro vitale, specialmente nella sua conformazione più rustica e più genuina: la mountain bike.
Se il ciclismo sportivo locale ha ultimamente perso consensi, l’uso di questo strano veicolo a trazione muscolare è però nuovamente nella fase virtuosa. Nel primo Novecento era status symbol e oggetto dei desideri, negli anni del boom economico un residuato approssimativamente disonorevole. Ora, in quest’interminabile stagione di depressione, la società opulenta pedala per scelta. Forse, basterebbe persuadersi che prima o poi possa accadere di tornare quelli che eravamo.