La “Madonnina” di Valenza
Un nuovo tuffo nel passato con il professor Maggiora
VALENZA – L’immagine della Madonna della Pietà è di origine e tradizione iberica. Sin dal suo cammino iniziatico, la Sacra Effige (Maria SS. della Pietà) era collocata fra gli apostoli Giovanni (sempre) e Pietro (non sempre) ai piedi della croce, così come raffigurato a suo tempo nell’affresco dipinto sulla parete di un rustico privato nella campagna valenzana. A ragione, si può immaginare che tale dipinto sia stato realizzato da uno degli spagnoli che a fine ‘600 dimoravano in Valenza; difficile esprimere una datazione certa dell’opera che pare fosse stata dedicata al governatore di Valenza don Francisco Colmenero, eroe nell’assedio del 1696. Ciò lascia intuire che in quegli anni, e anche prima, questa venerazione fosse assai percepita dai valenzani e senz’altro legata ai militi spagnoli risiedenti. È un altro mondo, bigotto ed etereo, con disparità socio-economiche palesi, parecchio lontano da quello d’oggi indebolito da tanta indifferenza e delusione.
L’affresco della Vergine addolorata per le pene del figlio era effigiato su una costruzione murale rustica, o forse in un’edicola di campagna meta degli agricoltori. In effetti: sussiste pure l’eventualità che ci fosse già da diverso tempo una Cappelletta con qualche banco per i fedeli. Proprietari del bene agreste a fine secolo XVII sono i fratelli Cornetti.
Nonostante la distanza dal centro abitato, il lungo sentiero da percorrere in quel tempo poco praticabile, l’insicurezza del luogo solitario e le altre difficoltà, l’adorazione alla Sacra Effige non viene meno, anzi, col passare del tempo, aumenta sempre più il fervore spirituale attirando molti devoti anche dalla vicina Lomellina e dal Monferrato. Per la Chiesa locale è indispensabile intervenire.
Con le tante offerte ricevute, e per il numero sempre crescente di devoti, nel luogo si rende quindi necessaria la costruzione d’una piccola chiesa, presto ampliata, che resta tuttavia a carattere privato. Le elemosine che il popolo offre sono simili a quelle che si raccolgono nelle chiese comuni; per questo costituiscono un’anomalia, la quale viene in parte sanata con un accordo raggiunto tra il nuovo proprietario e la Chiesa valenzana. Ma la parola definitiva è problematica da pronunciare e quando concretata confonde ancor più le acque. Una conquista e una perdita, poiché, di fatto, la nuova Cappelletta contenente l’affresco acquisisce due disorientati possessori: il proprietario del sedime e del fabbricato con l’affresco della Vergine della Pietà e la Chiesa locale con i custodi Padri Cappuccini cui va parte delle copiose elemosine. Va inoltre messo in evidenza che la formula ambigua conseguita è un incrocio fra diritto privato e diritto pubblico ecclesiastico, perciò resta tanta confusione.
I parroci di Valenza del periodo sono: Giulio Stefano Lana dal 1685 al 1713, Giovanni Battista Zucchelli dal 1713 al 1742, Francisco De Cardenas dal 1742 al 1781, Giuseppe Zuccaro dal 1781 al 1798.
Nel 1832, alla morte del proprietario Alessandro Cuniolo, don Giuseppe Pellati (parroco del Duomo dal 1831 al 1850), succeduto un anno prima a don Francesco Marchese (parroco di forte impronta sociale e popolare dal 1798 al 1831), inizia la trattativa per l’acquisto della Cappelletta, con Vincenzo Cuniolo (figlio, erede del bene), e di alcuni terreni attigui (regioni Cappelletta e Cornaretta) che, dopo fibrillazioni e vivaci discussioni in seno al poco convinto Capitolo della Collegiata, si conclude nel 1845, trasformando finalmente le intenzioni in realtà.
Un anno dopo il colpo decisivo. Su progetto dell’ingegner Boeri, si gettano le fondamenta della nuova chiesetta campestre dell’Addolorata, affrescata dal valenzano Borra, nella quale il muro con la rappresentazione della Sacra Effige, collocata in un luogo più congruo alla devozione, è mantenuto intatto come icona dell’altare e com’è ricordato dall’iscrizione sul frontale della chiesa. Con una certa sobrietà, la nuova costruzione è solennemente dedicata alla “Madonna della Pietà” da mons. Dionigi Andrea Passio, vescovo di Alessandria dal 1833 al 1854.
Nel 1862-1863, dopo una controversia pelosa con l’erede dello scomparso don Pellati (morto nel 1850) che suscita indignazione e crea un generale imbarazzo, sul terreno parrocchiale viene costruita la casa per l’abitazione del cappellano, che svolge mansioni di rettore e di custodia. Il prevosto don Domenico Rossi (parroco di Valenza dal 1850 al 1895), un beneamato assai esposto sul caso, si prodiga ampiamente per abbellire la sacra costruzione in circostanze spesso difficili.
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Dopo lavori eseguiti nel 1896 per la celebrazione del 50° anniversario dalla costruzione, all’inizio del XX secolo (parroco don Giuseppe Pagella dal 1896 al 1925), si terminano le decorazioni della cupola della chiesetta di forma ottagonale da parte del pittore Antonio Bertoli, viene rinnovato il pavimento interno e il piccolo campanile viene fornito della campana. Dovevano essere delle semplici novità, invece risultano iniziative sostanziali. Le pareti della chiesa-bomboniera sono ormai totalmente ricoperte d’ex-voto e d’altre ostentazioni di riconoscenza per grazie e favori ricevuti. Tanti quadretti di arte popolare e tante candele votive accese dai fedeli, il cui fumo annerisce le pareti, ricordano diversi casi gravi miracolosamente risolti e le molte richieste di aiuto.
Il Santuario (chiamato così da tutti, pur se non consacrato) non è più idoneo a contenere le quantità sempre più numerose di fedeli e di pellegrini, pervasi di fede e redenzione. Pertanto, nel 1931, don Giovanni Battista Grassi (parroco dal 1926 al 1967), succeduto a monsignor Pagella, del quale è stato vice parroco, acquista la casa e il terreno adiacenti alla chiesa con lo scopo di effettuare l’ampliamento della stessa e di costruire ampie sale e porticati per i pellegrini. Purtroppo, fatalmente piegati dagli spietati eventi, l’attuazione del progetto deve essere rinviata a causa della devastante guerra.
Appena terminato il conflitto, la venerazione del parroco monsignor Giovanni Battista Grassi, un profondo conoscitore dell’animo umano che riunisce intorno a sé ogni potere religioso locale, tanto devoto alla Vergine addolorata, lo spinge ad organizzare, con grande enfasi e con la collaborazione d’alcuni solleciti parrocchiani, manifestazioni celebrative tali da interessare tutta la popolazione del territorio. La “Prima Giornata Lourdiana Diocesana” svolta il giorno 14 luglio 1946 e, sempre con meticolosa solennità, la celebrazione del centenario del Santuario “Madonna della Pietà” (Madonnina), congiuntamente al congresso Mariano Diocesano, nel settembre 1946. L’avvenimento richiama a Valenza un notevole numero di fedeli dalle Diocesi vicine, nonché molte autorità, non soltanto religiose. Oltre 1.500 persone partecipano alla processione di chiusura.
Il successo delle manifestazioni è esaltato dalla notizia di un’improvvisa guarigione, da una grave infermità, di una suora durante la benedizione degli infermi del 14-7-1946.
La risonanza degli eventi spiana la strada verso la realizzazione di un evoluto e spazioso centro religioso, per una zona di Valenza ormai completamente trasformata con innumerevoli costruzioni residenziali.
Continuamente sottoposta a lavori di restauro, nel 1961, lo scrupoloso rettore del Santuario don Antonio Molina, in modo perentorio, da inizio ai lavori d’ingrandimento. Si procede all’ampliamento e al prolungamento della costruzione con profonde trasformazioni rispetto alla struttura esistente, un impegno faticoso con qualche interrogativo connesso ai costie alcuni tentativi scomposti per intralciare. L’antico muro portante l’immagine della Madonna è abbattuto dopo aver staccato l’affresco, con non poca difficoltà, da parte del professor Torsegno, per ricomporlo sopra il vecchio raffinato altare ricostruito nel nuovo presbiterio. E, come per magia, la nuova splendida costruzione favorisce la proclamazione canonica dell’elevazione a parrocchia di “N.S. della Pietà” nel mese di luglio 1966. La solenne cerimonia, con i proverbiali squilli di trombe, avviene il 16 settembre dello stesso anno (festa della Patrona del Santuario) alla presenza del nuovo parroco don Mario Cermelli, che, cauto e responsabile, ne sarà uno dei più efficaci conduttori. In Duomo al parroco monsignor Grassi, defunto, succede il suo inossidabile vice don Luigi Frascarolo (dal 1967 al 1993).
Elevata a parrocchia, ben presto, quest’antica e celebre chiesetta, accanto ad un grandioso oratorio, sviluppa il sostegno ai nuovi bisogni collettivi di Valenza. Con minuziosa attenzione ed enorme alea, mettendo sottosopra tutto quanto, si creano in poco tempo una scuola elementare e materna, un centro per le famiglie, palestre, campi di gioco, bar circolo ricreativo e altro. Uno straordinario e condiviso impegno; i fedeli collaboratori sembrano attraversati da una scarica elettrica, marciano spediti con la testa, le braccia e il cuore. Un groviglio armonioso, una comunità civile parrocchiale che si ritrova in ogni manifestazione unita nel fervore dei preparativi e nella conduzione, tutto curato con entusiasmo e generosità.
Si completa il Santuario con un bel campanile che svetta con i suoi 26 metri circa, il quale esibisce una pregevole croce di ferro lavorato a giorno alta circa 2,20 metri sopra la cella campanaria a bifore.
Infine, alla scomparsa di don Mario, verso la fine del 1998, sopraggiunge don Abele Belloli, che recentemente è stato trasferito ad Alessandria lasciando sguarnito il prodotto. Egli, pur con alcuni bastoni infilatigli tra le sue ruote, in più di vent’anni, è stato capace di imporsi in modo diretto in questa città, trasformando molte intenzioni in realtà, aprendo certe porte che apparivano sbarrate e ha instaurato coi fedeli, e con i molti giovani praticanti sportivi, un solido caloroso legame.
La facciata della chiesa e tutta la parte anteriore hanno mantenuto l’aspetto primitivo con il frontone triangolare raccordato ad alta trabeazione con cornici e dentelli, il corpo principale a muri portanti è a tetto capanna, mentre la sezione laterale è su pilastri; la vecchia struttura è stata mutata con un nuovo braccio che forma sulla destra una sorta di tronchetto. Il presbiterio è dominato dal pregevole altare acquisito a fine ‘800. Sopra il tabernacolo compare l’antica miracolosa effige.
Oggi, in questo luogo sacro più volte restaurato, convivono diversi incanti culturali e religiosi della città, testimonianze di una fede salda e radicata; ma, al di là d’ogni altra considerazione, questa lunga vicenda di culto, di venerazione, d’impegno pratico e opere di misericordia, ai giorni nostri sarebbe fuori dal tempo e non più replicabile. Purtroppo, nella recente battaglia contro la pandemia, in virtù di qualche mandato divino, si mettono i piedi pure nello spazio delle chiese annullando l’abituale e preziosa socialità che si è sempre nutrita di simboli e di tradizioni religiose.