Addio a Giardi, il maestro roccia è sceso dal tatami
Da 23 giorni era ricoverato all'ospedale di Alessandria per il virus. Aveva 80 anni. Grande tifoso dei Grigi
ALESSANDRIA – “Ha lottato per 23 giorni, attaccato alla vita. Papà era una roccia, il nostro ‘maestro roccia‘. Ma oggi si è arreso”. Claudio Giardi piange il padre, un grande uomo di sport, non solo di questa provincia: Mario Giardi è stato il judo, prima ad Alessandria, poi a Valenza, la sua città di adozione. Lavorava nell’oreficeria, ma è stato, soprattutto, un insegnante che ha allevato decine di generazioni di ragazzi e ragazze. Oltre sessant’anni sul tatami, quaranta edizioni del torneo internazionale ‘Città di Valenza’, le migliori squadre da tutta Europa, anche le selezioni azzurre, anche Pino Maddaloni fresco di oro olimpico, anche il Giappone.
Anche Mario viaggiava per tutto il vecchio continente, con un mezzo a nove posti dove c’erano i suoi ragazzi, le materassine, i borsoni, soprattutto i sogni di giovanissimi judoka che in gara davano tutto.
Luigi Guido è stato l’allievo che ha fatto più strada, fino alla nazionale, fino alle Olimpiadi. Ha sfiorato la medaglia e Giardi era in tribuna, a fare il tifo, a dar consigli, a Barcellona e a Sidney. “L’affetto che mi lega al maestro va oltre lo sport. E’ stato un padre per me – racconta Gigi, oggi direttore tecnico del Gruppo sportivo Carabinieri per judo, lotta, karate e takwondo – adesso non ho più neppure lui. Ho sempre cercato di fare mio il suo entusiasmo, il suo coraggio e la sua voglia di combattere sempre”.
Oltre cinquanta cinture nere nella sua palestra, il Judo Ginnic Club Valenza, prima sotto il bar Achille, in piazza Gramsci,e poi in via Michelangelo 3. “La gioia più grande – sottolineava – è vedere combattere i figli e i nipoti dei miei primi atleti”.
Grande tifoso dei Grigi, da ragazzo, raccontava, più di una volta, quando non aveva il biglietto, aveva scavalcato la recinzione
il 7 aprile aveva compiuto 80 anni. Lascia la moglie, Luciana, anche lei positiva al virus, che proprio oggi ha avuto l’esito negativo, i figli Silvia e Claudio, e i nipoti. “L’ultima volta che ci siamo salutati – racconta Claudio – aveva le lacrime agli occhi mentre lo caricavano sull’ambulanza. Il dolore più grande è non averlo abbracciato per l’ultima volta”.