Gli assedi di Valenza
Continuano gli approfondimenti sulla storia della città
VALENZA – Data la sua posizione strategica, Valenza è stata sottoposta ad una lunga fila d’assedi bellici democratici (nel senso che non hanno risparmiato nessuno, né chi li ha praticati né chi li ha subiti), di cui sette rilevanti: 1370, 1499, 1557, 1635, 1656, 1746. Un delirio guerrafondaio intercalato dai soliti iati di silenzio, con dei “day after” molto amari. Non conflitti di popolo, ma violente battaglie d’estese guerre per il predominio europeo. Un complicato sistema, con interessi del tutto estranei a quelli della gente.
Per la sua posizione strategica, la città, sempre subordinata ad interessi stranieri, è stata diverse volte colpita dalla necessità o dal fremito della conquista. Assediata, saccheggiata e massacrata da arroganti Francesi, da permalosi Spagnoli e da altri, di circostanza amici o nemici, ha preso botte da una parte e dall’altra. Questo l’abbreviato resoconto storico.
Nel 1370, Galeazzo Visconti, con un fortissimo contingente di soldati e munito di formidabili armi, effettua violentissimi attacchi alla Rocca valenzana che oppone una tenace resistenza. Accadono scontri ed accerchiamenti devastanti, che durano quasi un anno: uno stallo di guerriglia cronica di natura disastrosa, e il tifo con i suoi fratelli (peste, colera, ecc.) sono decisivi sull’esito finale. Valenza monferrina, che conta quasi tremila dimoranti, rassegnata e sospinta dalla paura e dagli stenti, al termine di questo primario e vero ignominioso storico assedio, durato dieci mesi, deve assoggettarsi ai Visconti di Milano, segnando profondamente la futura storia di questa città. Le ostilità perdurano sino al 14 novembre 1370, quando la città, oppressa dalla fame e con un forte rischio d’epidemie, è costretta ad arrendersi. Signore del luogo è nominato Gian Galeazzo Visconti, figlio emancipato di Galeazzo.
La lunga dipendenza di Valenza dal Ducato milanese (sino ad inizio ‘700) sarà interrotta solo da brevi sovranità d’altri. Molti danni a questa città sono causati dal passaggio del Duca di Mantova in guerra con Genova nell’anno 1420. Mentre nel 1454 Francesco Sforza, nuovo duca di Milano, manda il suo generale Liberto ad occupare Valenza, togliendola ai Savoia (avuta solo quattro anni prima) e nomina feudatario Gaspare Vimercate.
Alla fine del XV secolo, Lodovico il Moro (Duca di Milano dal 1494 al 1499) affronta una spaventosa guerra con la Francia per il possesso della Lombardia, cui il monarca francese da sempre ambisce e che reclama come discendente di una nipote dell’ultimo Visconti. A supporto degli Sforza scende in lotta la Spagna. Per punire il Moro usurpatore, Luigi XII di Francia, inizia quindi la spedizione del 1499-1500 alla conquista del Ducato di Milano. Per questo, nel luglio 1499 la nostra città, difesa da molti uomini d’arme di Ludovico il Moro, comandati da Ottaviano Sanseverino e Federico Pavese, è attaccata dalle truppe francesi del maresciallo Eberardo D’Aubigny, che hanno come obiettivo l’occupazione del Milanese e che non sono certo composte di figli dei fiori. Conquistano facilmente la città, a causa di un tradimento, abbandonandosi poi al saccheggio. Tutto il territorio (Bassignana, Piovera) cade in mano francese con la conseguente devastazione della campagna contigua.
Nel 1515 Valenza deve nuovamente affrontare l’esercito francese di re Francesco I, e nel 1521 gli Spagnoli di Carlo V d’Asburgo, dopo la ripresa della guerra tra Francia e Impero che ha come obiettivo sempre la conquista del Milanese, ora in mano ai Francesi. La città ritorna sotto la Signoria degli Sforza nel 1522 (Francesco II) e viene eretta a Contea, ma, passando dalla padella alla brace, seguono altri attacchi e saccheggi. Né più né meno di com’è accaduto già le altre volte: di male in peggio. Da tutto ciò, appare evidente che la dipendenza spagnola è ormai causa ed effetto di contese drammatiche. Paradossalmente, nel 1523-1524 (durante la guerra d’Italia del 1521-1526 tra l’esercito francese guidato personalmente dal re Francesco I e l’armata imperiale) la città è conquistata tre volte da truppe diverse. Prima (settembre 1523) da Galeazzo da Birago con schiere di fuorusciti Guelfi: entra in Valenza mediante un trattato con il castellano, viene attaccato dagli imperiali che, dopo due giorni, vincono la sua resistenza e lo catturano, negli scontri sono uccisi ben 400 uomini. Poi dal condottiero spagnolo Antonio de Leyva (una specie di terminator dell’epoca) con truppe imperiali di Carlo V e infine dal Guillaume Gouffier de Bonnivet con milizie francesi. Tutti stinchi di santo, attorniati da un lungo elenco di cattivi maestri e da spietati alleati fedifraghi.
I valenzani sono sempre costretti a fornire alloggiamenti, custodire le mura, provvedere al vitto delle soldatesche, aiutare in tutti i modi le milizie, ecc.: una patologia inevitabile. I viveri per gli asserragliati sono forniti da scorte precedentemente accumulate. Le milizie mercenarie diventano ormai un elemento permanente della città di cui i valenzani ne farebbero volentieri a meno.
La dominazione spagnola su Valenza è ancora turbata dai soliti Francesi, che paiono avere il fuoco sacro, pure dopo l’umiliante e onerosa Pace di Madrid del 1526 con cui hanno ceduto Milano e rinunciato alle pretese su Napoli. Ormai questa città pare abbia metabolizzato anche la guerra in ogni forma, pare quasi un luogo di vacanza con prove d’assalto o più verosimilmente un pellegrinaggio armato.
Nel 1532 l’esercito del marchese Del Vasto, generale di Carlo I, marchese di Castelnuovo Scrivia e conte di Castellazzo Bormida, transita da Valenza e le cagiona molti danni. Il Podestà Grassi accusa la maldestra gestione delle soldataglie dentro la città e per questo ne rimane sacrificato: la confusione regna sovrana, si salvano i simulatori.
L’alternarsi della guerra fa ritornare a Casale gli Spagnoli, ma per poco tempo, poiché nel 1555 i Francesi, comandati da Ludovico Birago, conquistano nuovamente il caposaldo e ben presto si muovono alla volta di Valenza. Quindi, nel gennaio del 1557, mentre esercita il potere esecutivo locale una “Santissima Trinità” politica, ascoltata con particolare devozione, composta da Francesco Vimercati, Raimondo di Valvasone, Francesco della Riviera, contrastata spesso dall’impavido governatore della città conte Alessandro Carpigna, sono i Francesi del maresciallo Charles de Cossé conte de Brissac (alcune migliaia di armigeri), sceso in Italia in aiuto delle truppe pontificie in lotta contro quelle spagnole, che terrorizzano le milizie ispaniche locali facendole fuggire nottetempo dalla città. I Francesi presentano un ragguardevole numero d’artiglierie pesanti: “Le terribili bocche di fuoco”. Definizione che oggi fa sorridere pensando che esse potevano lanciare solo palle di ferro prive d’esplosivo e da breve distanza, ma se la coreografia sembra quasi di cartapesta tutto il resto è verissimo. I nemici, che sono entrati in Valenza senza aver consumato la minima parte della loro polvere da sparo, procedono ad un minuzioso saccheggio. Ma, se non è del tutto nobile arrendersi, di sicuro è riprovevole infierire su chi è capitolato, invece il terribile condottiero francese usa il pugno duro contro di chi si è opposto a lui e fa decapitare, sul piazzale della Rocca, alcuni fra i cittadini maggiormente legati alla corona spagnola. Egli, non trovando legna da ardere, da pure fuoco al coro e al mobilio dell’antica chiesa di San Francesco, compiendo inoltre saccheggi e soprusi d’ogni genere su tutto il territorio. I Francesi, oltre a depredare la città, chiese e duomo compreso, danno anche alle fiamme l’archivio comunale. Il de Brissac (uno che è convinto d’essere l’Onnipotente) mantiene il comando della città con ben 800 feroci fanti di guarnigione i quali scorrazzano indisturbati in lungo e in largo.
L’occupazione francese resiste soltanto pochi anni allorché, secondo quanto ratificato negli accordi di pace sottoscritti a Cateau Cambrésis il 3 aprile 1559 tra la Francia e la Spagna (dopo un sessantennio di guerre), la piazzaforte di Valenza ritorna sotto il diretto dominio della Corte di Madrid (il trattato sancisce il predominio spagnolo in Europa e in Italia).
Dopo molti anni di pausa traballante, nel 1625 a Valenza si tiene un Consiglio di guerra guidato dal duca di Feria, governatore di Milano. Nello stesso anno in città avvengono alcuni scontri per la guerra tra il Ducato di Savoia e Genova (sostenuta dalla Spagna).
Si ritorna a versar lacrime nel 1635. Durante l’abituale ripresa delle guerre tra Francesi e Spagnoli e i loro alleati nell’Italia settentrionale, entro il più esteso quadro europeo della Guerra dei Trent’anni, Valenza resiste ad un assedio di quasi due mesi (9-9-1635 / 27-10-1635) da parte degli eserciti collegati di Francia, Savoia, Parma e Modena che intendono interrompere ai milanesi le comunicazioni con Genova. La nostra città (completamente assediata dal 25-9-1635) è però ben presto rinforzata con truppe e gli assedianti devono infine abbandonare l’accerchiamento per sfinimento, ritirandosi verso il Monferrato. Questa città, vittima e principale capro espiatorio, è stata difesa dalle truppe spagnole e dello Stato di Milano con contingenti tedeschi, napoletani e svizzeri, comandati dall’anziano generale Carlos Coloma (un’armata di soccorso), dal suo vice Filippo Spinola, Marchese di Balbases, e dall’eroe Don Alonso di Cordova marchese di la Celada, un giovane valoroso generale di cavalleria giunto a Valenza il 15-9-1635, e qui deceduto il 28-10-1635, inviato dal Cardinale Albornoz, Governatore dello Stato di Milano per conto della Spagna. Il protagonista locale è il governatore della città Francesco De Cardenas. Tutti hanno combattuto valorosamente, al di sopra delle loro possibilità, soffrendo vicino al popolo, soprattutto quello contadino coinvolto in diversi scontri che hanno cagionato numerose perdite al nemico. L’evento glorioso ha una tale risonanza nella capitale iberica da ispirare la realizzazione di un magnifico quadro panoramico, sovente riprodotto nelle recenti pubblicazioni.
L’illusione di un periodo di pace c’è, ma dura poco. L’anno seguente, 1636, nel mese di giugno lo stesso comandante francese Carlo I de Blanchefort, marchese de Créquy tenta una nuova aggressione, ma il Marchese di Leganes, autorevole e carismatico governatore di Milano, accorre in anticipo a Valenza con truppe fresche e riesce a respingere i Francesi.
I valenzani non hanno tempo a scuotersi di dosso il senso di disgusto che devono contrastare ancora i Francesi nel 1641, i quali, aiutati da armigeri del Monferrato (1.500 fanti fiancheggiati da 1.000 monferrini) e quasi per non stare in ozio (figuranti di una commedia scritta e instillata da altri, una routine quanto lo jogging), tentano nottetempo di scalare le mura di questa città ancora stesa a terra per gli ultimi episodi bellici. Sono però respinti, con abbondanti perdite, dal presidio e dalla milizia urbana comandata dal capitano Gabriello de Cardenas, un autocrate illuminato che comanda con il pugno di ferro dominato dal suo ego, senza ascoltare la fauna calunniatrice e litigiosa dei dintorni, requisito indispensabile per perdurare. Rimane governatore di Valenza dal 1636 sino alla morte nel 1644.
L’andamento globale di questa guerra, mal congegnata e favorevole agli Asburgo di Spagna e Germania, di cui l’assedio di Valenza è un episodio significante, muterà dal 1638 a favore della Francia. Alla macabra conta delle troppe vittime inermi del passato si aggiungeranno le nuove di tali scontri. Si concluderà nel 1648 con la Pace di Westfalia, che sancirà un ragguardevole potenziamento della Francia, la libertà di culto nell’Impero, e farà crescere finalmente l’idea dell’assurdità delle guerre e della gerarchia del tempo.
Poi, siccome al peggio non c’è fine, nel 1656 (25 giugno-13 settembre) arriva il colpo più duro. Dopo quasi tre caldissimi e soffocanti mesi d’assedio e molti tentativi esterni per spezzare il blocco, la città deve capitolare alle truppe di Francia, Savoia e Modena, capitanate da Francesco d’Este duca di Modena generale di Luigi XIV, che ha il suo Quartiere generale in una cascina sulla strada per Casale, e Luigi di Vendôme (comandante dell’esercito francese in Lombardia e prossimo cardinale) che è sistemato verso Bassignana nel castello detto “degli Stanchi” (sarà poi dei Menada) dove nell’assedio del 1635 era collocato il Duca di Parma.
Uno dei motivi principali degli assedianti è di ottenere una nuova base lungo il Po per minacciare Casale, dove i gigli di Francia, dal 1652, sono stati nuovamente scacciati dagli Spagnoli.
In questo furore d’estate, le forze sono impari e letali per i nostri, con esiti devastanti sulla città: sono circa 10.000 gli assedianti francesi, mentre la città è difesa da 800 mercenari e 700 miliziani agli ordini del generale spagnolo, governatore della piazza, don Agostino Segnudo. Molti gli scontri avvenuti nei dintorni della città (Pecetto, Bassignana, Villabella, Giarole) e molti i cunicoli sotterranei costruiti per avvicinarsi alle mura onde poterle minare: una sorta di guerra sotterranea con scontri sanguinosi. Arrivano in soccorso a Valenza i governatori di Milano Cardinale Trigulzio (luglio 1656, deceduto dopo pochi giorni) e il Conte di Fuensaldagna (settembre 1656) alla testa di un esercito di 9 mila spagnoli, fermato a Giarole. Ma, incapaci di rompere l’assedio, gli accerchiati sono costretti alla resa e al termine di laboriose trattative, viene stilato un trattato che prevede l’onore delle armi, garanzie per gli spagnoli e i valenzani. Il 16 settembre (84° giorno d’assedio), con una grandiosa cerimonia, il duca di Modena fa il suo ingresso in città e in una solenne messa in duomo riceve l’omaggio dei valenzani, novelli sudditi del re di Francia.
Valenza dovrà passare alcuni anni, in crisi depressiva permanente, sotto la dominazione dell’ambizioso e potente Re Sole.
Gli spagnoli non si danno per vinti e nel 1658 tentano il recupero della città, ma non ci riescono; poi nel 1659 I Francesi restituiscono Valenza al Re di Spagna in cambio di Vercelli, ceduta al duca di Savoia Carlo Emanuele II. Quando nel 1694 gli imperiali, spagnoli e savoiardi conquistano Casale, anche Valenza è sofferente per gli eserciti insediati in città.
Si continua ad appartenere a questo o a quest’altro soltanto per convenienza o capriccio. Sul finire del secolo, la città è nuovamente minacciata dalla guerra che quasi tutti gli stati d’Europa (Lega di Augusta-1686) hanno intrapreso contro il dispotismo di Luigi XIV.
Valenza subisce il nuovo assedio nel 1696 (19-9-1696 / 9-10-1696). Un altro, l’ennesimo, un incubo che non finisce mai; la posizione di questa città (al centro della quale vivono circa duemila persone, sfruttati e vessati) è diventata una sorta di maledizione. Riesce tuttavia a resistere alle diverse migliaia di Francesi e Sabaudi (50.000 fanti e 14.000 cavalieri, forti di 60 cannoni e molti mortai), guidati da Vittorio Amedeo II duca di Savoia e all’incessante bombardamento che provoca molte perdite. L’attacco è avviato con un martellante cannoneggiamento concentrato nel medesimo punto in cui i Francesi erano intervenuti con successo nel 1656: il lato Nord-Est compreso tra la Porta di Bassignana e il Bastione Caracena. Il bombardamento causa la distruzione del monastero dell’Annunziata (attuale parco Trecate). Sciagure simili agli assedi precedenti, sono le scorrerie devastanti che avvengono nei territori circostanti (Piovera, Montecastello, Pietramarazzi, ecc.) in un caos quotidiano permanente. Valenza è comandata dal governatore spagnolo don Francisco Colmenero il quale sa tener testa a tutti gli attacchi degli alleati avversari (è il Leonida delle Termopoli valenzane, un condottiero carismatico al quale verrà dedicata la Porta Bedogno che prenderà il suo nome).
In seguito alla Pace di Vigevano (approvazione dei componenti della Lega di Augusta della neutralità dei territori italiani), l’assedio è tolto e Vittorio Amedeo II ottiene il riconoscimento che cercava: la neutralità dei propri territori. Il risultato di quest’ultima battaglia, combattuta con nervosismo e isteria, è dunque un sostanziale pareggio, riacciuffato per i capelli quando già si sentiva intonare il “De Profundis”.
Infine, nell’aprile 1746, c’è qualcosa di nuovo, anzi d’antico, Valenza subisce ancora un nuovo deplorevole assedio che perpetua gli antichi fantasmi, ad opera di truppe austriache e piemontesi spodestate dai franco-spagnoli dopo la maestosa battaglia di Bassignana del 27-9-1745 nella Guerra per la successione d’Austria: decine di migliaia di francesi, spagnoli e napoletani avevano sconfitto i sabaudi la cui cavalleria era stata inseguita sino a Valenza, difesa dal piemontese marchese di Balbiano che si era celermente arreso.
Dopo 13 giorni d’accerchiamento e ripetuti violentissimi attacchi, le truppe del restaurato esercito piemontese agli ordini del barone Leutrum (Karl Sigmund Friedrich Wilhelm von Leutrum, tedesco di nascita e piemontese di cuore, con fama di donnaiolo impenitente) ottengono la resa della città e la riconquista di quanto perduto. Una sorta di resa dei conti finale e di riscossa implacabile, con il ritorno della città sotto il potere del Piemonte (la battaglia decisiva avrà luogo a Piacenza il 16 giugno 1746). Valenza è stata difesa valorosamente dallo ieratico governatore spagnolo don G. Giovanni Scoques. E’ l’ultimo assedio di questa città, ancora un maldestro tentativo di difesa dell’indifendibile dei franco-spagnoli, che, per carenza di coordinamento e piani strategici, ultimamente non ne hanno azzeccata una.
Diversi altri avvenimenti tragici di lotta armata si sono compiuti nelle soste tra tutti gli assedi descritti, dove buoni e cattivi si sono sempre mescolati e confusi tra gli arzigogoli dei potenti, sempre in lotta per disarcionare qualcuno, facendo soffrire a lungo questa città oltremodo attaccabile, ma, forse, troppo altera. Molti gli episodi paradossali, che rendono bene l’idea di quanto caos abbia regnato in questa zona: ma la storia è piena di bizzarrie.
Questi popoli, che hanno dominato per secoli l’Europa, nel tempo, hanno portato a Valenza usanze, costumi e alcune espressioni del linguaggio dialettale che ancora esistono.