Face to face: niente pentimento, me la sono vissuta alla grande!
Perde il lavoro, entra nel mondo del traffico di stupefacenti
FACE TO FACE – È un lavoratore specializzato, guadagna bene. Ma i tempi cambiano, non serve più all’azienda e rimane disoccupato. E allora entra nel traffico della droga. Alla fine del percorso c’è l’arresto, descritto in modo molto brutale. Ma non c’è pentimento: «… non sono pentito per ciò che ho fatto e sono felice di essere riuscito con il mio commercio a fare stare bene le persone a me care.E poi io la vita me la sono vissuta alla grande!».
TUTTI I RACCONTI – La raccolta del progetto Face to Face
Renè
Ho iniziato a lavorare da piccolo, mio padre era alcolizzato e in casa non c’erano soldi. Avevo dodici anni e sono andato a lavorare in una “boita”, una piccola fabbrica, dove si costruivano macchine per la FIAT.
Mi è andata bene perché senza studi e senza qualifiche, negli anni, sono diventato un modellatore meccanico, le paghe erano astronomiche e fin dalla giovinezza ho potuto permettermi un tenore di vita abbastanza elevato.
Fino a quando un bel giorno sono entrate in funzione le macchine a controllo numerico. Con quelle macchine il mio lavoro non serviva più e la ditta, oltre a ridurmi lo stipendio, finì per licenziarmi. E qui inizia la mia storia. Abitavo in una zona, dove c’erano parecchi delinquenti, uno di questi era un mio amico e, grazie a lui, sono entrato nel mondo dello spaccio.
Iniziai vendendo qualche grammo di coca qua e là, ma, lavorando nelle discoteche come ragazzo immagine – ballavo sui cubi e facevo P.R. -, avevo molte conoscenze, così ben presto il mio giro si allargò e iniziai a spacciare alla grande.
Tutto ciò, quando nacque mia figlia, per continuare a mantenere un elevato tenore di vita, non bastava più.
Ho continuato a conoscere gente nel giro sempre più grande, fino a che, sono entrato in quello internazionale.
Facevo viaggi in tutto il mondo, senza mai spendere una lira, andavo a prendere la coca e la portavo nei vari porti, dove veniva ripartita. Ad esempio in Perù l’organizzazione pagava la squadretta di controllo all’aereoporto ed io passavo con le valigie piene, un centinaio di chili per volta. Dal Perù andavo ad Amsterdam, da lì la coca veniva smistata in tutto il mondo ed io prendevo la mia parte che portavo in Italia.
Con questi viaggi, sono diventato sempre più grande, quando avevo quarant’anni, i miei piedi non toccavano mai terra, volavano!
Se qualcuno aveva un problema e non sapeva come sistemare una certa quantità di coca, si rivolgeva a me ed io nel giro di qualche giorno gliela piazzavo. Per questi miei servizi ero diventato intoccabile.
Se qualcuno non pagava, mi bastava alzare il telefono e la sera i soldi arrivavano. Alcuni amici dell’ndrangheta, con i quali collaboravo, iniziarono a chiedermi grossi favori, che io per amicizia risolvevo ed alcuni loro clienti, finirono per rivolgersi direttamente a me, senza passare per il loro tramite.
Fu una situazione imbarazzante ed io, da amico, andai da loro e glielo dissi, purtroppo non mi hanno creduto, pensavano che li volessi fottere e così mi hanno infamato.
Mi chiesero, come favore, di consegnare cinquanta grammi di coca a un amico. Quella sera, ad aspettarmi non ci fu nessun amico ma la macchina degli sbirri.
Stavano sotto casa mia dalle sei del pomeriggio, io non me ne ero accorto, quando sono uscito, mi hanno subito fermato chiedendomi, dove fosse la coca, mi hanno picchiato, facendomi saltare tutti denti sotto dalla parte destra e mi hanno costretto a farli salire in casa. Hanno iniziato a perquisire la mia abitazione fino a che non sono stati trovati i cinquanta grammi, che sapevano di trovare, continuando a chiedermi, picchiandomi, dove avessi messo i soldi, che non trovarono.
Quando io ero già in prigione, sono tornati a casa mia per una seconda perquisizione, hanno letteralmente sventrato la casa, abbattendo tutti muri, le volte e controsoffitti e in un controsoffitto nella mia camera da letto, trovarono 500 mila euro in contanti, che io avevo sistemato, facendoli scivolare attraverso un buco, passando dall’appartamento del vicino, che non
hanno mai scoperto.
Tutto questo l’ho saputo grazie alla mia compagna, che ha visto come avevano ridotto il mio appartamento.
Per i cinquanta grammi di coca ma soprattutto per il denaro contante, sono stato condannato a otto anni, che spero di passare in parte agli arresti domiciliari, grazie al mio buon avvocato.
Quando torno in libertà, dovrò sistemare alcune cose, ma conto di continuare a vivere con i miei soldi, senza più dover ricorrere a commerci illegali, investendoli in attività pulite.
Sono pentito per ciò che ho fatto passare ai miei, ma, non sono pentito per ciò che ho fatto e sono felice di essere riuscito con il mio commercio a fare stare bene le persone a me care.
E poi io la vita me la sono vissuta alla grande!
PUNTATA 20