Face to face: Alessandro volta pagina
L'adesione al Buddismo e il riavvicinamento alla famiglia
FACE TO FACE – Alessandro ha scritto questo testo il 7 giugno 2017. All’epoca era in carcere da 4 anni e mezzo. La testimonianza di Alessandro rappresenta l’esempio classico di una conversione avvenuta nel luogo di detenzione grazie all’incontro con altri carcerati. In questo caso si tratta della conoscenza di una singola persona. In altri, invece, dell’incontro con un gruppo. A volte si tratta di più persone convertite da altre. Nel caso di Alessandro si tratta dell’adesione al buddismo. Le conversioni nella storia delle carceri sono di ogni tipo, religiose ma anche politiche.
TUTTI I RACCONTI – La raccolta del progetto Face to Face
CAMBIAMENTO
Cari lettori e ascoltatori, mi chiamo Alessandro e, con queste righe, vorrei riassumervi una mia esperienza, che è stata un vero e proprio cambiamento nella mia vita.
Mi ritrovo detenuto da circa quattro anni e mezzo e proprio in carcere, ho imparato oltre a tante altre cose, che nella vita nulla accade per caso e che a tutto c’è un perché.
Dopo circa un anno e mezzo di detenzione, fui trasferito dal primo istituto di pena a un altro, dove conobbi una persona, anch’essa privata della libertà, da non molto tempo, la quale si distingueva in mezzo a circa duecento detenuti.
Al contrario di me e di molti uomini e ragazzi, lui, un quarantasettenne, nonostante la situazione, era sempre solare e positivo, quasi tanto da non credere.
Iniziai a frequentarlo, allenandoci in palestra insieme, e quando s’instaurò un certo rapporto di amicizia e di confidenza, gli posi questa domanda:
“Ma come fai ad essere così?”
Lui con molta disinvoltura, mentre si stava affaticando sul vogatore, mi guardò e mi rispose:
“ Boh forse è per la mia religione”
“Perché a quale religione appartieni?”, gli domandai io, e lui con altrettanta tranquillità, mi rispose di essere un buddista.
Pur discendendo da una società e da una famiglia molto cristiana, credo in fondo di essere sempre stato ateo e, proprio questo è stato il principale motivo, che mi portò a volerne sapere di più sul buddismo.
Da quel giorno tempestai quella persona di domande e, a ogni risposta che lui mi dava, ne scaturivano altre, come ad esempio:
“Come può essere possibile che dei bambini perdano la vita mentre sono ancora in fasce?”
“Che male possono mai avere fatto per meritarsi la morte?”
In tutto ciò che mi disse e m’insegnò, trovai molti riscontri e risposte, che in trentasette anni della mia vita non ebbi mai.
Questo mi fece avvicinare alla fede buddista e allo stile di vita che ne concerne.
Per circa un mese lessi e studiai le basi e, quando mi sentii pronto, decisi di frequentare la mia prima riunione Zadankai, tenuta da alcuni volontari della Soka Gakkai, organizzazione laica internazionale, responsabili di gruppo che entravano in alcune carceri, per sostenere i compagni di fede detenuti, nella pratica. Che consiste nella recitazione di un mantra: “Nam Myoho Renge Kyo”, e nel progredire nello studio e nella vita.
Quel giorno si era instaurato una specie di dibattito, ma avevo ancora un po’ di scetticismo, è normale no?
Proprio per questo motivo mi trovavo lì!
La teoria rivoluzionaria che sta alla base della pratica buddista è, che ogni essere umano possiede uno stato vitale illuminato, chiamato, buddità, che tende verso il raggiungimento di una felicità vera e profonda, nonostante le circostanze e la negatività della vita.
Fu per me difficile credere che la recitazione di una frase” misteriosa”, potesse aiutare a risolvere i problemi e realizzare i propri desideri!
Sulla teoria di questa religione, sul vero significato di “Nam Myoho Renge Kyo”, sulla causa ed effetto, sul Karma, (destino), sulla vita, morte e vita, (reincarnazione), sul Maestro, sui tre presidenti della Soka Gakkai (eterni maestri di Kosen Rufu) , per la loro totale dedizione alla propagazione della legge, sulle preghiere, sul Gohonzon, oggetto di culto, sul fiore di loto, sulla rivoluzione umana, sul Nichiren Daishonin ( buddha originale dell’ultimo giorno della legge) e su molto altro ancora, ci sarebbe da scrivere tante e tante altre pagine ma, io sono qui, appunto, per raccontarvi, il più brevemente possibile, che da quel giorno iniziai a praticare correttamente e assiduamente, non solo nella recitazione e nelle preghiere giornaliere, ma anche nello stile di vita, cambiando radicalmente le mie tendenze, abitudini e il mio carattere, tanto da riacquistare fiducia da parte della mia famiglia, ferita e sofferente per la situazione.
Mia madre, dopo avere a sua volta cercato di saperne di più anche lei, si avvicinò alla fede.
Un enorme piacere per me e per chi mi fece Shakubuku, conoscere il buddismo.
Trascorsero altri due anni circa, quando decisi di fare il grande passo, ovvero ricevere tramite una cerimonia, il Gohnzon, che rappresenta la completezza della vita che è insita in ognuno di noi.
Il volerlo ricevere per affidarsi a esso, non è altro che la consapevolezza di voler prendere in mano le nostre vite, amplificando di gran lunga la nostra coscienza, assumendo aspetti mai vissuti prima.
Ora ho quarant’anni e pratico ormai da circa tre anni, mi sto preparando per sostenere l’esame di primo livello, in totale dovrò tenerne cinque per diventare anch’io un responsabile di gruppo e fare attività internazionali.
Mi ritrovo da quasi sette mesi ristretto nel carcere di Alessandria, dopo essere stato trasferito dal precedente, per ragioni di sovraffollamento e, grazie al carissimo Massimo, professore di Arte Contemporanea e alla sua iniziativa, ho la possibilità e l’infinita gioia e gratitudine di scrivervi che anche questo non è accaduto per caso, ma, per un motivo ben preciso.
Grazie a tutti voi.
PUNTATA – 2