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    12 Luglio 2019
    ore
    11:45 Logo Newsguard
    Vite in cella

    Tra scrittura e pittura: messaggi dal carcere

    L’intervista Massimo Orsi spiega il progetto che ha realizzato nella casa di reclusione a San Michele

    L?intervista Massimo Orsi spiega il progetto che ha realizzato nella casa di reclusione a San Michele

    FACE TO FACE – Pittura e scrittura come porta della libertà, per uscire da quella cella che costituisce l’unico tuo universo. Da tempo l’artista alessandrino Massimo Orsi (in foto) lavora con i detenuti del carcere di San Michele. Il progetto ‘Face to Face’ ha prodotto risultati di grande interesse, che dal prossimo numero saranno presentati ai lettori del ‘Piccolo’.

    TUTTI I RACCONTI – La raccolta del progetto Face to Face

    Massimo Orsi

    Come nasce il progetto?

    In seguito all’invito fattomi di partecipare a una mostra di carattere performativo nell’ex carcere di Montefiascone in provincia di Viterbo. Si chiamava ‘Face to Face’. Ogni artista, in una cella, doveva intrattenere con una performance una persona che entrava. Io lavoravo da anni nel carcere di San Michele, ho chiesto ai detenuti dei miei laboratori se avevano voglia di scrivermi dei racconti. Così ho iniziato a raccogliere racconti e testimonianze. I primi dieci sono stati letti proprio a Montefiascone per essere successivamente pubblicati nel catalogo generale della mostra.

    Come proseguì l’iniziativa?

    Questa operazione ha suscitato molto interesse, anche da parte delle persone venute ad ascoltare a Montefiascone. Ho pensato che sarebbe stato interessante continuare il discorso. Per cui a settembre con un nuovo gruppo di detenuti ho continuato la raccolta di nuovi racconti.

    Ma l’iniziativa è andata oltre la scrittura.

    Dal momento che insegno arte contemporanea nel carcere, ho pensato fosse interessante utilizzare anche la pittura, mezzo espressivo a me più congeniale.

    In che modo viene utilizzata la pittura?

    Riprendendo il titolo della mostra, ‘Face to Face’, ho iniziato ad aiutare i detenuti, già autori dei racconti, a realizzare i propri ritratti. Così, nell’ambito del progetto Artiviamoci, è nata l’iniziativa, andata avanti su questi due binari, chiedendo alle persone di scrivere il racconto e realizzando insieme un autoritratto.

    Come sono questi racconti?

    Sono a tema libero e si caratterizzano per l’immediatezza e l’urgenza della comunicazione.

    Come vengono realizzati i ritratti?

    Prima scatto delle fotografie alla persona. L’immagine viene quindi elaborata con vari programmi grafici, fino ad ottenere una sorta di sinopia con i tratti essenziali del volto. Il viso viene ritagliato su una maschera di plastica riportata sulla tela. Intanto si è già provveduto al colore dello sfondo con dei tamponi. Una tecnica molto semplice e gioiosa. Bella per chi mai si è cimentato con la pittura e potrebbe essere in difficoltà. Nelle dimensioni la tela è in scala rispetto al perimetro della cella, all’interno del quale abbiamo già stampato una serie di compiture monocrome. Ognuna rappresenta un elemento della cella: letti, armadi, tavoli, sanitari.

    Torniamo al momento in cui viene impresso il volto.

    Fatto questo lavoro si riporta la mascherina sulla tela e da lì si inizia, scoprendo alcune parti e coprendone altre: si interviene per tirare fuori tutti i dati essenziali del volto. A volte la persone all’inizio non si riconoscono. Invece al termine c’è una sorta di identificazione.

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