Nepal, un anno dopo
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Nepal, un anno dopo

Ad un anno dal sisma che ha messo in ginocchio il Nepal, abbiamo avuto l'opportunità di intervistare Fausto De Stefani, alpinista e fotografo che ha costruito a Kirtipur la Rarahil Memorial School, realtà che ospita oltre mille ragazzi e bambini. Con lui abbiamo parlato di come sta il Nepal, di quanto è stato fatto e di quanto resta da fare...

Ad un anno dal sisma che ha messo in ginocchio il Nepal, abbiamo avuto l'opportunità di intervistare Fausto De Stefani, alpinista e fotografo che ha costruito a Kirtipur la Rarahil Memorial School, realtà che ospita oltre mille ragazzi e bambini. Con lui abbiamo parlato di come sta il Nepal, di quanto è stato fatto e di quanto resta da fare...

INTERVISTE – Quando Fausto De Stefani racconta la propria vita, l’emozione delle scalate, l’avventura in Nepal, ci si sente un po’ come se si fosse in montagna: da un lato c’è la concretezza, l’importanza di tenere i piedi saldi al suolo, dall’altro si fanno i conti con la fantasia, con quell’incredibile forza motrice che spinge sempre più avanti, sempre più in alto. E lui, nato in pianura, ad Asola, nel 1952, ha fatto della montagna e dei sogni il proprio pane quotidiano, riuscendo a trasformare in realtà i desideri del bimbo che era e che – a tratti si intravede – non ha mai abbandonato. Abbiamo incontrato De Stefani durante la serata organizzata dall’Associazione Passo Dopo Passo, “Nepal, un paese in ginocchio”, e abbiamo colto l’occasione per fargli qualche domanda.

Una domanda forse banale: come vanno le cose, ora, in Nepal?
Ad un anno dal sisma, il clima non è, logicamente, idilliaco. Quella del terremoto è stata una grande tragedia, resa ancora più drammatica dall’embargo imposto dall’India, che ha impedito che nel paese arrivassero beni di prima necessità, benzina, medicinali. Questa presa di posizione, questi giochi di potere, rischiano di far più danni del terremoto: del resto, non è un’emergenza che si esaurirà a breve…

Dopo un primo coinvolgimento, la comunità internazionale sembra essersi dimenticata di quanto successo un anno fa.
Purtroppo, sì. Come è successo per Haiti, come accade dopo ogni grande tragedia. Si esagera per i primi dieci giorni, si puntan tutte le telecamere sui luoghi martoriati dal disastro, e poi ci si dimentica. Quasi che il Nepal non esistesse più.

Invece il Nepal esiste, così come esiste l’emergenza sanitaria ed umanitaria legata alle numerosissime famiglie che hanno perso tutto. Come ha retto al sisma la Rarahil Memorial School?
Molto bene, per fortuna. La Rarahil Memorial School è una scuola che abbiamo fondato a Kirtipur, dedicata alla memoria di quattro martiri uccisi dal governo nel 1990. La struttura è composta da sei edifici: una scuola primaria, una secondaria, un istituto professionale per guide eco ambientali, una scuola d’arte, un poliambulatorio, le cucine ed un convitto-refettorio. Qui vengono accolti bambini e ragazzi dai quattro ai diciotto anni e si servono circa milletrecento pasti al giorno. Il terremoto non ha né danneggiato né leso nessuna delle nostre strutture e questo ci ha permesso da subito di poterci rendere utili per la popolazione.   

Come? 
Abbiamo distribuito millecinquecento sacchi di riso, ventimila bandel – pacchi di dieci lamiere con cui costruire i primi ripari. E ancora bambù e oltre cinquantamila coperte. Molto, certo, ma non basta. Una semplice associazione può fare tanto, ma non risolvere la questione nepalese. Ci va ben altro

Nella Rarahil Memorial School trovano rifugio anche molti bambini orfani o in difficoltà economiche. Come fate?
Abbiamo fatto della Rarahil Memorial School una scuola all’avanguardia. Ci sono oltre settanta computer, dieci lavagne multimediali, tre laboratori di chimica, fisica e biologia, un auditorium blueray. Questo ha permesso alle famiglie abbienti nepalesi di scegliere la nostra scuola, senza dover mandare i propri figli a studiare in India. Ovviamente, le famiglie che hanno denaro pagano una retta, commisurata al reddito. Così anche chi non ha soldi può avere un’istruzione, una casa, del cibo.

La ricostruzione sembra difficile, anche per via delle decisioni del governo
All’indomani del sisma, il governo ha messo vincoli che peseranno sui progetti: ogni piano deve essere approvato da una municipalità, e poi dal governo. Un’operazione che porta via, in media, quattordici mesi: un’assurdità, durante un’emergenza come questa.

Una montagna molto alta, da scalare.
La Rarahil Memorial School ha fatto tanto, al punto che anche il sindaco di Kirtipur ne ha pubblicamente lodato l’impegno. Noi però siamo solo un’associazione: abbiamo raccolto 800mila euro dal 25 aprile, anche grazie ad associazioni tedesche e francesi, che hanno saputo che la scuola non aveva subito danni e hanno elargito donazioni generose. Poi ci sono i privati: Reinhold Messner, ad esempio, ci ha regalato 25mila euro. La generosità, insomma, è tanta. Ma tanti sono anche i problemi del Nepal. E un’associazione – nè dieci, nè venti – possono risolvere il problema. Facciamo la nostra parte, ma serve che il mondo si ricordi di questa emergenza.
 

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