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Un’operazione di sapore “glocal/glocart”: opere di artisti alessandrini esposte nei musei italiani raggiungibili con un’ora, massimo due, di treno o di automobile. Da vedere da vicino e non nel contesto di una mostra. Cominciamo da Carrà, da Brera, da Milano

Un?operazione di sapore ?glocal/glocart?: opere di artisti alessandrini esposte nei musei italiani raggiungibili con un?ora, massimo due, di treno o di automobile. Da vedere da vicino e non nel contesto di una mostra. Cominciamo da Carrà, da Brera, da Milano

OPINIONI – Accompagnando un’amica straniera a visitare le collezioni di Brera, ho potuto riammirare, non molto lontano dal Cristo morto del Mantegna sempre più commovente nella sua tragica unicità, una serie di dipinti di Carlo Carrà, il pittore e critico alessandrino maestro del Futurismo e della Metafisica. Il 23 marzo aprirà a Palazzo Reale di Milano, a cento anni dalla morte, la mostra dedicata a Umberto Boccioni, come Carrà fondatore del movimento futurista. Boccioni, che aveva esaltato la velocità e morì cadendo da cavallo in una tragica nemesi al contrario. Al tempo stesso si stanno moltiplicando nelle sale i film sui musei, visite virtuali teatralizzate e drammatizzate che mettono in pratica una forma di analisi dell’arte che ribalta le modalità della critica d’arte più paludata degli ultimi decenni e punta tutto sull’opera attraverso il personaggio (un po’ il contrario del caso Elena Ferrante in letteratura e di Bansky nel mondo della street art). Questi film sono un mezzo per diffondere la conoscenza dell’arte, spettacolarizzandola senza mostrarla dal vero. Un ennesimo caso di home watching, che se visto come mezzo può sicuramente dare buoni frutti, ma che rischia davvero di diventare un fine e – purtroppo – di ridurre l’interesse per l’opera in sé, riproducibile all’infinito, ma “guardabile” solo dal vero.

Una premessa forse un po’ lunga per spiegare il motivo per cui le prossime rubriche saranno dedicate a segnalare opere di artisti alessandrini esposte nei musei italiani raggiungibili con un’ora, massimo due, di treno o di automobile. Da vedere da vicino. E non nel contesto di una mostra, ma in un museo. Considerando che la stessa opera con buona probabilità siamo andati a vederla esposta in una rassegna al doppio di distanza da Alessandria, ma non l’abbiamo mai vista nella sua sede permanente dove, volendo, la potremmo tornare a rivedere se ci è piaciuta. Non solo, anche per ribadire quanto Alessandria abbia dato all’arte del secolo scorso e anche dell’attuale. E, infine, per il principio che cercando qualcosa a cui si è interessati di certo si trova qualcos’altro di altrettanto interessante. E accanto alle opere degli alessandrini possiamo trovare autori coevi con opere che ci sorprenderanno nei loro legami e connessioni con i nostri. Insomma un’operazione di sapore “glocal/glocart”…

Quindi cominciamo proprio da Carrà, da Brera, da Milano. Per scoprire intanto che i sei dipinti del pittore alessandrino che si trovano a Brera – Ritmi di oggetti, La musa metafisica, La camera incantata, Madre e figlio, La casa dell’amore e La segheria dei marmi – costituiscono una selezione perfetta della lunga e movimentata storia espressiva dell’artista. Partendo dal Futurismo, a cui appartiene Ritmi di oggetti dipinto nel 1911 dopo il viaggio a Parigi in cui grazie a Gino Severini incontra Picasso e Braque, in parte debitore ai due maestri del cubismo del rigore formale che segna quel dipinto.

Non meno importante la triade composta da La musa metafisica, La camera incantata e Madre e figlio risalente al 1917, dipinti nell’ospedale militare di Ferrara dove aveva conosciuto Giorgio De Chirico, Alberto Savinio e Filippo de Pisis con cui aveva dato inizio alla pittura metafisica.
Non meno significativo La casa dell’amore, opera difficile “sgradevole per eccesso di arcaismo” del 1922 già avviata al classicismo arcaizzante dello stile Novecento a cui appartiene anche La segheria dei marmi del 1929.

Tutti i Carrà sono parte della collezione Jesi e sono esposti in un allestimento forse un po’ datato, che restituisce però il senso di una collezione tra le più importanti d’Italia nel secolo scorso.

 



 

 

 

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