Emigrazioni
Unoperazione di sapore glocal/glocart: opere di artisti alessandrini esposte nei musei italiani raggiungibili con unora, massimo due, di treno o di automobile. Da vedere da vicino e non nel contesto di una mostra. Cominciamo da Carrà, da Brera, da Milano
Un?operazione di sapore ?glocal/glocart?: opere di artisti alessandrini esposte nei musei italiani raggiungibili con un?ora, massimo due, di treno o di automobile. Da vedere da vicino e non nel contesto di una mostra. Cominciamo da Carrà, da Brera, da Milano
Una premessa forse un po’ lunga per spiegare il motivo per cui le prossime rubriche saranno dedicate a segnalare opere di artisti alessandrini esposte nei musei italiani raggiungibili con un’ora, massimo due, di treno o di automobile. Da vedere da vicino. E non nel contesto di una mostra, ma in un museo. Considerando che la stessa opera con buona probabilità siamo andati a vederla esposta in una rassegna al doppio di distanza da Alessandria, ma non l’abbiamo mai vista nella sua sede permanente dove, volendo, la potremmo tornare a rivedere se ci è piaciuta. Non solo, anche per ribadire quanto Alessandria abbia dato all’arte del secolo scorso e anche dell’attuale. E, infine, per il principio che cercando qualcosa a cui si è interessati di certo si trova qualcos’altro di altrettanto interessante. E accanto alle opere degli alessandrini possiamo trovare autori coevi con opere che ci sorprenderanno nei loro legami e connessioni con i nostri. Insomma un’operazione di sapore “glocal/glocart”…
Quindi cominciamo proprio da Carrà, da Brera, da Milano. Per scoprire intanto che i sei dipinti del pittore alessandrino che si trovano a Brera – Ritmi di oggetti, La musa metafisica, La camera incantata, Madre e figlio, La casa dell’amore e La segheria dei marmi – costituiscono una selezione perfetta della lunga e movimentata storia espressiva dell’artista. Partendo dal Futurismo, a cui appartiene Ritmi di oggetti dipinto nel 1911 dopo il viaggio a Parigi in cui grazie a Gino Severini incontra Picasso e Braque, in parte debitore ai due maestri del cubismo del rigore formale che segna quel dipinto.
Non meno importante la triade composta da La musa metafisica, La camera incantata e Madre e figlio risalente al 1917, dipinti nell’ospedale militare di Ferrara dove aveva conosciuto Giorgio De Chirico, Alberto Savinio e Filippo de Pisis con cui aveva dato inizio alla pittura metafisica.
Non meno significativo La casa dell’amore, opera difficile “sgradevole per eccesso di arcaismo” del 1922 già avviata al classicismo arcaizzante dello stile Novecento a cui appartiene anche La segheria dei marmi del 1929.
Tutti i Carrà sono parte della collezione Jesi e sono esposti in un allestimento forse un po’ datato, che restituisce però il senso di una collezione tra le più importanti d’Italia nel secolo scorso.