“Operazione Jackpot”: estorcevano denaro e oggetti di valore ad imprenditori dell’alessandrino
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“Operazione Jackpot”: estorcevano denaro e oggetti di valore ad imprenditori dell’alessandrino

Arrestati dai Carabinieri di Alessandria 4 uomini di origine calabrese responsabili di episodi di estorsione e usura a danno di imprenditori del valenzano e del casalese. Adescavano le vittime in base all'alto tenore. Millantavano connessioni con la criminalità organizzata calabrese

Arrestati dai Carabinieri di Alessandria 4 uomini di origine calabrese responsabili di episodi di estorsione e usura a danno di imprenditori del valenzano e del casalese. Adescavano le vittime in base all'alto tenore. Millantavano connessioni con la criminalità organizzata calabrese

 CRONACA – Quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere per i reati di estorsione e usura. L’operazione del nucleo investigativo del Comando Provinciale di Alessandria dei Carabinieri denominata “Jackpot” ha portato all’arresto nella notte di mercoledì 2 marzo di due dei quattro componenti della banda che ha colpito diversi imprenditori del territorio alessandrino, soprattutto del valenzano e del casalese. Notifica in carcere per due di loro, Giulio Campana (procacciatore d’affari, classe 1988) e Antonio Campucci (di professione estorsore, classe ’71), già arrestati in precedenza colti in flagranza di reato. Dalla notte scorsa si trovano in carcere anche Andrea Turco (operaio, classe ’86) e Luciano Medei (classe ’77) titolare di una nota palestra alessandrina, “Somatos”.

Cinque le vittime che hanno dovuto fare i conti con le minacce e con gli atteggiamenti spregiudicati di questa banda, che usava la fisicità per intimidire, millantando la propria appartenenza alla criminalità organizzata calabrese. Per dare credito alla connessione con la n’dragheta, Giulio Campana mostrava alle vittime un video di Youtube in cui in un vecchio servizio televisivo veniva arrestato un suo omonimo, che l’uomo diceva essere suo parente, arrestato come pericoloso appartenente alla criminalità. Un’indole “parassitaria” come è stata definita dal Gip: anziché svolgere un lavoro legittimo si dedicavano ad una attività criminosa per guadagnare denaro, in buona parte poi subito speso alle slot-machine (da qui la denominazione Jackpot dell’operazione).

Un’indagine dei Carabinieri che ha preso in esame episodi dall’estate 2014 fino a gennaio di questo anno. La scelta delle vittime non dipendeva dall’attività professionale, ma dal “tenore di vita” del quale venivano a conoscenza attraverso Facebook, oppure attraverso conoscenze in locali pubblici. Se spendevano grandi cifre per cene, per serate in discoteca o se avevano automobili costose, allora venivano avvicinati. L’episodio che accomuna tutti e quattro gli arrestati è quello che ha avuto come vittime un imprenditore del settore orafo e un operaio che lavorava sempre nel mondo dei preziosi. Turco e Campana si sono rivolti a questo imprenditore perché facesse da “intermediario”, ovvero affinché trovasse un venditore di preziosi che avrebbe dovuto fare affari con un fantomatico acquirente svizzero, sponsorizzato a sua volta da altri soggetti di Ventimiglia. Dopo diversi incontri, l’imprenditore valenza alla vigilia dell’incontro deciso per portare a termine l’affare fa un passo indietro e non si presenta. L’accordo salta e i due malviventi calabresi si rifanno sull’imprenditore: da lì iniziano le minacce, essendo stati screditati agli occhi degli altri soggetti promotori dell’affare. “I soldi della commissione, dell’affare saltato ora li paghi tu”. Così si inizia con l’estorsione di una somma in contanti di 2 mila euro, cui si aggiungono un anello di valore pari a 7500 euro e la vendita della auto di proprietà. Per una somma complessiva di quasi 10 mila euro. Ma una volta finito di spremere l’imprenditore, si sono rivolti all’operaio (per una somma di altri 10 mila euro circa). Nessun timore nel “convincere” le proprie vittime: gli arrestati agivano in pieno giorno, in luoghi pubblici. Così la prima richiesta di estorsione all’operaio valenzano è avvenuta in viale Milite Ignoto, all’altezza della fermata dell’autobus. Ma non si sono frmati qui, perché “hanno fatto visita” anche a domicilio, minacciando davanti ai figli della vittima.

Stesse modalità di approccio, questa volta partendo dal profilo Facebook dell’imprenditore di telefonia del casalese, notato per il tenore di vita e la partecipazione ad eventi mondani. Avvicinato in rete, Campana e Turco hanno ottenuto un appuntamento. “Se non voleva avere grossi problemi ad Alessandria” avrebbe dovuto dare del denaro, inizialmente qualche centinaia di euro. Le minacce sono cresciute dopo la “mancanza di rispetto” del giovane imprenditore che si è rifiutato di dare in prestito la propria auto. Da qui la punizione: in casa prendono un televisore di ultima generazione del valore di oltre 4000 euro e si fanno consegnare dalla vittima (in pieno giorno, in piazza Garibaldi) l’I phone 6s Gold dal valore di oltre mille euro.

Tra i tanti episodi, anche un caso di usura. Questa volta la vittima è un imprenditore caduto in difficoltà economiche che si è rivolto a Giulio Campana per un prestito. L’obbligo è però la restituzione del denaro in brevissimo tempo, e con un interesse che arrivava al 100%. Alcuni di questi imprenditori (settore orafo, produttori di infissi, telefonia, commercio orologi e preziosi) alla fine “arrivati con l’acqua oltre la gola” hanno deciso di denunciare. Ma le operazioni di indagine dal nucleo dei Carabinieri erano già in corso, portando così all’arresto di due dei quattro, Medei e Turco che si trovano rispettivamente nelle case di reclusione di Asti e Vercelli. Mentre gli atri due, già in carcere, si trovano ad Ivrea e ad Alessandria.

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