Expo? Ecco la “verità” di chi lavora dietro le quinte…
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Expo? Ecco la “verità” di chi lavora dietro le quinte…

Abbiamo incontrato nuovamente chi lavora all'interno del grande evento milanese per farci raccontare, senza censure, cose stanno andando realmente le cose ad Expo quando ormai manca meno di un mese alla fine. Possibile che ci sia meno personale ora, con un'affluenza di pubblico molto maggiore, rispetto all'inizio?

Abbiamo incontrato nuovamente chi lavora all'interno del grande evento milanese per farci raccontare, senza censure, cose stanno andando realmente le cose ad Expo quando ormai manca meno di un mese alla fine. Possibile che ci sia meno personale ora, con un'affluenza di pubblico molto maggiore, rispetto all'inizio?

PROVINCIA – A meno di un mese dalla data di chiusura dell’Expo milanese siamo tornati a incontrare il ragazzo della provincia che accettò il contratto di lavoro offertogli per stendere con lui un bilancio della sua esperienza e farci raccontare qualche curiosità dell’organizzazione interna all’evento. Ecco la sua storia.

Come sta andando la sua esperienza lavorativa? Dal mese di agosto in poi le code per visitare i padiglioni si sono allungate…
Il bilancio complessivo, lo dico subito, è abbastanza positivo, anche se le note negative, come peraltro previsto, non sono mancate. In effetti ad agosto ci sono stati perfino concessi 5 giorni di ferie: gli organizzatori pensavano che le affluenze si sarebbero mantenute costanti ancora per un po’, invece è arrivato il boom di visitatori. Paradossalmente ora che c’è la pressione maggiore ci troviamo a gestire tutto con meno personale rispetto all’inizio. 

Com’è possibile? 
In questi mesi ho assistito personalmente a una vera e propria “moria” di dipendenti, con tante dimissioni, persone che hanno abbandonato, e tantissimi congedi temporanei per malattia. 

Però durante le nostre visite periodiche ci è capito più di una volta di vedere grandi assembramenti di volontari o di dipendenti tutti ammassati in un angolo, con poco o nulla da fare…
Expo è stata gestita, sul piano dell’assistenza ai visitatori, da squadra organizzate con un leader un po’ più maturo e una schiera di ‘operatori grandi eventi’ o di volontari al suo seguito. Ragazzi di 22-24 anni che in effetti spesso si trovavano a non sapere cosa fare. All’inizio confermo che ce n’era una gran quantità, superiore alle effettive necessità, anche perché all’inizio l’affluenza di pubblico non è stata così grande. Il risultato però è stato quello che molti sono stati ricollocati in corso d’opera, cioè riassegnati ad altri compiti. Adesso che c’è il boom di visitatori siamo passati da 600 operatori che c’erano all’inizio a circa la metà. 

Quale sono gli aspetti più positivi o più negativi dell’esperienza? 
Difficile stilare un elenco esaustivo. Diciamo che il risultato finale è discreto, ma il modo in cui è stato raggiunto questo obiettivo non è proprio ortodosso. Ci sono state diverse lotte di potere all’interno dell’organizzazione, e noi dipendenti certo ce ne siamo resi conto. Spesso è capitato che chi prendesse decisioni non avesse la minima idea delle ricadute pratiche delle disposizioni che venivano impartite. Se questa situazione non ha avuto effetti negativi particolari sul pubblico è soprattutto grazie allo spirito di sacrificio dei lavori, che hanno fatto di tutto per ovviare ai problemi organizzativi. Diciamo che questo è anche l’aspetto forse più positivo, per chi ha vissuto l’esperienza dall’interno. Ho avuto modo di conoscere tanti ragazzi italiani giovani, motivati, che conoscono bene le lingue e che hanno saputo dimostrare di avere voglia di lavorare e il talento per poterlo fare. Non sempre sono stati valorizzati, e fra gli aspetti negativi includo sicuramente le disparità contrattuali. C’è chi davvero è stato pagato con stipendi bassissimi, e tenuto sotto pressione con rinnovi contrattuali ogni 3 mesi studiati apposta per selezionare chi si lamentava lasciandolo poi a casa. In effetti, in termini di doveri richiesti ai lavoratori e loro diritti la disparità è stata molto forte. 

Con che occhi viene visto l’Expo da parte di chi ci lavora? Qual è stato il vostro rapporto con il pubblico di visitatori? 
La sensazione complessiva, come dicevo, in fondo è positiva perché c’è in noi la sensazione di esserci impegnati per migliorare l’immagine dell’Italia, al di là della frustrazione per i problemi organizzativi, parte dei quali gestendo le cose in maniera differente si sarebbero potuti evituare. La soddisfazione del pubblico che viene a visitare Expo è mediamente alta, anche se forse lo spirito istiratore si è un po’ perso per strada. 

In che senso? 
Che è ingeneroso riversare solo sugli organizzatori o sui main sponsor la “colpa” di aver reso l’evento ciò che è, dando troppo spazio al lato commerciale a discapito di quello più culturare e di conoscenza dei diversi Paesi e della storia dei loro prodotti. Chi ci ha provato è stato mediamente penalizzato. L’opportunità di assistere a conferenze, video istruttivi, percorsi didattici c’è comunque stata, ma il pubblico spesso l’ha penalizzata, preferendo gli stand e gli spazi più commerciali e “frivoli”. Alla fine si è dato ai visitatori quello che più volevano trovare, evidentemente. 

E i piccoli espositori presenti? 
Per molti di loro l’inizio è stato un autentico dramma. Avevano da pagare canoni di affitto ovviamente molto alti, ma l’affluenza nei primi mesi è stata poco incoraggiante e così le vendite erano molto sotto le aspettative. Nel corso del tempo i canoni sono stati abbassati, e c’è chi ha fatto importanti tagli al personale in corso d’opera per rientrare dei costi. 

Avete notato differenze fra i visitatori italiani e quelli stranieri? Se sì, quali? 
Le differenze ci sono, eccome. Diciamo più che altro che si sono notate fra popoli latini e persone di altre provenienze, che mediamente si sono dimostrate molto più rispettose del lavoro svolto dagli operatori. Purtroppo nel 2015 pare ci sia ancora chi pensa che insieme al biglietto d’ingresso si acquisti anche il diritto di maltrattare le persone, con aggressioni che in qualche caso non sono state solamente verbali. In generale i visitatori, sia italiani che stranieri, si sono dimostrati soddisfatti per l’Expo e i complimenti non sono mancati. I numeri che ora stiamo facendo sono vertiginosi, con decine di migliaia di persone che nello stesso giorno visitano un padiglione. E quando vengono esplicitamente a fare i complimenti, specie se sono visitatori stranieri, ci riempiamo d’orgoglio. 

Quali sono i suoi padiglioni preferiti? Cosa si sente di consigliare ai visitatori? 

Difficile dirlo, ciascuno ha i suoi gusti. Sicuramente il Padiglione Zero, con la storia dell’alimentazione dell’umanità, ha il suo fascino ed è fra i più apprezzati. Darei una menzione speciale, se si lascia da parte l’adesione più “autentica” al tema dell’Expo, che pochi hanno colto, ai padiglioni del Giappone, che è davvero molto bello, sebbene ormai difficilissimo da visitare per le lunghe code, alcune presentazioni dei Paesi Arabi e forse quello d’Israele che mi pare sia un bel connubio fra esibizione tecnologica e voglia di raccontare davvero qualcosa di sé e della propria storia. 

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