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    Vittorio Gatti - redazione@alessandrianews.it  
    27 Giugno 2015
    ore
    00:00 Logo Newsguard

    Il Papa piemontese

    Quel papa “venuto dalla fine del mondo” è nato alla “fine del mondo” perché i suoi nonni (e i suoi genitori) erano andati là partendo da una Italia che faceva i conti con la povertà e la miseria

    Quel papa ?venuto dalla fine del mondo? è nato alla ?fine del mondo? perché i suoi nonni (e i suoi genitori) erano andati là partendo da una Italia che faceva i conti con la povertà e la miseria

    OPINIONE – “Rassa nostrana” è il titolo della poesia dialettale citata da papa Francesco nell’incontro con i fedeli nella sua recente tappa torinese. I giornali hanno dato una rilevanza ‘folkloristica’ a queste parole, legandole alla nostalgia del pontefice per le sue origini piemontesi, per quei versi consegnati dalla nonna Rosa al piccolo Jorge. I media si sono per lo più fatti sfuggire il saluto in piemontese che i giovani hanno rivolto al papa nell’incontro pomeridiano con gli oratori: non deve essere stato semplice trovare un giovane poco più che ventenne che riuscisse, pur leggendo, a pronunciare un breve discorso in quella lingua che sembra ormai retaggio d’altri tempi, dispersa nella contaminazione del villaggio globale arrivato fin da noi. L’affabilità mostrata dal papa e restituita dai giovani è uno dei segni che hanno reso la visita a Torino un’ulteriore tappa del rapporto ‘familiare’ tra papa Bergoglio ed i fedeli, quel rapporto che genera empatia, che riesce a veicolare idee e vedute in modo quasi immediato.

    Vorrei, però, soffermarmi sul testo in piemontese citato dal papa, non per farne l’esegesi, quanto per ricordare che si tratta di una poesia dedicata ai nostri conterranei costretti ad emigrare in tempi difficili, obbligati a lasciare case ed affetti in cerca di un futuro. In effetti la trasferta torinese è stata anche l’occasione per una riunione dei tanti cugini di Bergoglio, discendenti del ramo della famiglia rimasto in Piemonte, con i quali, anche quando era arcivescovo di Buenos Aires, non aveva interrotto i contatti.

    Qui troviamo un elemento che si inserisce nei numerosi tratti del carattere e dell’approccio di papa Francesco che lo fanno sentire così vicino alla gente: quello di avere una storia comune a tanti, di avere una famiglia e dei legami, di sapere ancora il dialetto dei nonni.

    C’è però qualcosa che forse dovrebbe farci riflettere un poco: quel papa “venuto dalla fine del mondo” è nato alla “fine del mondo” perché i suoi nonni (e i suoi genitori) erano andati là partendo da una Italia che faceva i conti con la povertà e la miseria. Il mondo globalizzato che conosciamo oggi ha forse le radici in movimenti di genti di più di un secolo fa; il dialetto piemontese e lo spagnolo con accento argentino hanno imparato a convivere nella stessa persona in forza di una storia fatta certamente anche di dolore e lacrime.

    Noi viviamo un difficile presente ove i migranti si chiamano “clandestini” o “rifugiati”, dove ci sembra non avere nulla in comune con questi uomini e donne che bussano (energicamente e disperatamente) alle nostre porte, dove l’incertezza e la paura sembrano dominare tutta la vecchia Europa: riuscirà questo papa, figlio e nipote di emigranti, a creare empatia anche in questo? a farci leggere e comprendere, in virtù della sua stessa storia personale, questo difficile presente?

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