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Riforma sanitaria, la Regione tratta: “restano alcune specialità ma…”
L'assessore alla Sanità regionale Antonio Saitta ha incontrato i sindaci dell'alessandrino: utile confronto: lasciamo la strada della testimonianza per intraprendere quella del dialogo. Entro mercoledì sarà presentata una variante al piano di riordino che lascia margini aperti per le richieste di Tortona e Acqui ma dovrà però passare il vaglio del ministero. Sarà sufficiente per convincere i sindaci a ritirare il ricorso al Tar?
L'assessore alla Sanità regionale Antonio Saitta ha incontrato i sindaci dell'alessandrino: ?utile confronto: lasciamo la strada della testimonianza per intraprendere quella del dialogo?. Entro mercoledì sarà presentata una variante al piano di riordino che lascia margini aperti per le richieste di Tortona e Acqui ma dovrà però passare il vaglio del ministero. Sarà sufficiente per convincere i sindaci a ritirare il ricorso al Tar?
Il confronto di ieri pomeriggio si è tenuto a porte chiuse. Al termine, durante la conferenza stampa, Saitta e Rossa hanno usato parole di distensione. Ma il sindaco di Tortona vorrebbe vedere “nero su bianco” prima di fare marcia indietro sul ricorso.
“Ricordiamoci che la sanità piemontese è commissariata, non abbiamo molti margini di manovra”, dice Saitta.
La proposta che è scaturita dall’incontro è quella di “forzare” le maglie della legge nazionale di riordino della sanità, lasciando agli ospedali di Tortona e Acqui alcune specialità, pur senza presenza di un primario e un Dea, pronto soccorso, per le urgenze. Premesso che Tortona, come Acqui, dovrà essere declassato ad ospedale di territorio, potrebbe mantenere comunque i reparti di medicina generale, chirurgia, ortopedia, traumatologia, anestesia, rianimazione ed un pronto soccorso attivo 24 ore su 24.
Nel contempo, ogni ridimensionamento andrà di pari passo con una
rimodulazione dell’assistenza territoriale. Ma la proposta dovrà comunque passare al vaglio del ministero.
La prendono alla larga Saitta e Rossa: “l’obiettivo della riforma non è unicamente quello di ridurre i costi, ma quello di garantire una maggiore sicurezza ai cittadini e di rispondere alle richieste del territorio”. Occorre rispettare gli standard qualitativi. Da quel punto l’assessore regionale non prescinde. “Se un ospedale ha un’attività bassa, costituisce un pericolo per la salute”.
Fa l’esempio di un punto nascite in Val Susa, dove si registrano 120 nascite l’anno. Numeri che non offrono garanzie sufficienti, dice.
Sono altri i numeri impietosi che porta Saitta sul tavolo della trattativa: “alla fine del 2014 la regione Piemonte avrà speso (il bilancio definitivo non c’è ancora) 260 milioni di euro per gli spostamenti dei pazienti in altre Regioni; la sanità piemontese costa 8 miliardi all’anno e spendiamo 400 milioni di euro in più rispetto ad altre regioni; la nostra spesa farmaceutica è la più alta d’Italia, con l’eccezione della Sardegna. E’ ora di uscire dall’idea che da noi ci siano tutte eccellenze”.
Saitta vuole ripartire dal rinforzo della rete attraverso l’assunzione di nuovo personale, fermo dal 2010. “I reparti sono in difficoltà”, dice. Il blocco delle assunzioni avrebbe portato un risparmio di 120 milioni di euro, che non compensa però la maggiore spesa (150 milioni di euro) per la “fuga” di pazienti piemontesi in altre regioni.
Nessuna marcia indietro, in definitiva, sulla classificazione decisa con il disegno di riordino: Alessandria resterà un ospedale “hub”, Novi e Casale “spot”, Tortona e Acqui declassati ad ospedali di base. Ma qualche “contentino” potrebbe arrivare. Se ne staranno i rispettivi sindaci?
Intanto, oggi, l’estensore della riforma Fulvio Mairano sarà in visita nei due nosocomi declassati.
La prendono alla larga Saitta e Rossa: “l’obiettivo della riforma non è unicamente quello di ridurre i costi, ma quello di garantire una maggiore sicurezza ai cittadini e di rispondere alle richieste del territorio”. Occorre rispettare gli standard qualitativi. Da quel punto l’assessore regionale non prescinde. “Se un ospedale ha un’attività bassa, costituisce un pericolo per la salute”.
Fa l’esempio di un punto nascite in Val Susa, dove si registrano 120 nascite l’anno. Numeri che non offrono garanzie sufficienti, dice.
Sono altri i numeri impietosi che porta Saitta sul tavolo della trattativa: “alla fine del 2014 la regione Piemonte avrà speso (il bilancio definitivo non c’è ancora) 260 milioni di euro per gli spostamenti dei pazienti in altre Regioni; la sanità piemontese costa 8 miliardi all’anno e spendiamo 400 milioni di euro in più rispetto ad altre regioni; la nostra spesa farmaceutica è la più alta d’Italia, con l’eccezione della Sardegna. E’ ora di uscire dall’idea che da noi ci siano tutte eccellenze”.
Saitta vuole ripartire dal rinforzo della rete attraverso l’assunzione di nuovo personale, fermo dal 2010. “I reparti sono in difficoltà”, dice. Il blocco delle assunzioni avrebbe portato un risparmio di 120 milioni di euro, che non compensa però la maggiore spesa (150 milioni di euro) per la “fuga” di pazienti piemontesi in altre regioni.
Nessuna marcia indietro, in definitiva, sulla classificazione decisa con il disegno di riordino: Alessandria resterà un ospedale “hub”, Novi e Casale “spot”, Tortona e Acqui declassati ad ospedali di base. Ma qualche “contentino” potrebbe arrivare. Se ne staranno i rispettivi sindaci?
Intanto, oggi, l’estensore della riforma Fulvio Mairano sarà in visita nei due nosocomi declassati.