Barberis (Aov): “il mercato del distretto orafo valenzano è il mondo”
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Barberis (Aov): “il mercato del distretto orafo valenzano è il mondo”

Vecchie aziende chiudono, ma ne aprono altre che disegnano e lavorano gioielli al computer. Il presidente dell’Associazione Orafa Valenzana accetta un confronto a tutto campo sulla crisi, le prospettive, le joint venture presenti e future, il centro espositivo Expo Piemonte e il Museo Orafo. E dice ai ragazzi: “imparare davvero il mestiere, e guadagnerete bene”

Vecchie aziende chiudono, ma ne aprono altre che disegnano e lavorano gioielli al computer. Il presidente dell’Associazione Orafa Valenzana accetta un confronto a tutto campo sulla crisi, le prospettive, le joint venture presenti e future, il centro espositivo Expo Piemonte e il Museo Orafo. E dice ai ragazzi: “imparare davvero il mestiere, e guadagnerete bene”

VALENZA – “Mi fa piacere che si dica che sono giovane: anche se, francamente, in un qualunque altro Paese occidentale sarei considerato un uomo che si avvia verso la mezza età”. Comincia con un sorriso la conversazione con Francesco Barberis, ormai da quasi un anno presidente dell’Associazione Orafa Valenzana. 37 anni, e un curriculum professionale che lo vede da tempo amministratore delegato dell’azienda di famiglia, la Carlo Barberis srl, sono in effetti elementi sufficienti a considerare l’imprenditore orafo tutt’altro che “un ragazzino”. E con lui proviamo a “tastare il polso” al distretto valenzano, per capire se ci sono all’orizzonte segnali di ripartenza, e in quali direzioni, dopo ultimi anni certamente di forte difficoltà.

Presidente Barberis, ci si avvia al compimento del suo primo anno ai vertici dell’Aov: tentiamo un bilancio di tappa?
Forse è presto per i bilanci, ma le posso raccontare cosa stiamo facendo, e quali sono i nostri progetti. Mi lasci però chiarire che in precedenza sono stato vice presidente durante la gestione Guarona, e per diversi anni nel consiglio di amministrazione dell’Associazione. Insomma, conoscevo già bene la nostra realtà, e tutto il settore: frequento laboratori e fiere orafe da quando avevo i calzoni corti (la Carlo Barberis è uno dei marchi più antichi del distretto, specializzata in alta gioielleria, ndr), e l’evoluzione del nostro mondo l’ho vissuta e la vivo in trincea.

E da lì, in prima linea, che impressione si ha?

Le difficoltà sono enormi, nessuno lo nega. E del resto siamo perfettamente in pari, purtroppo, con la situazione economica italiana nel suo complesso. Ma questo non significa che si sia alla fine di un percorso, anzi. Ci sono da cogliere e sviluppare tante opportunità, certamente mettendosi in un’ottica diversa rispetto al passato. Cambiando prospettiva, che oggi deve essere quella dell’universo mondo, e non certo del cortile di casa italiano, e neppure soltanto europeo.

Un passo per volta presidente: facciamo un identikit del distretto orafo di Valenza, in questo primo scorcio di 2013…

Il numero di aziende manifatturiere sul nostro territorio ha subìto negli ultimi anni una sensibile contrazione, assai più di quelle solo commerciali. Il tessuto però c’è ancora, è vivo e regge: guardando non alla sola Valenza, ma appunto al bacino del distretto “allargato”, direi che siamo intorno alle 800 imprese, e il numero degli addetti non si è contratto in maniera significativa, sta poco sotto le cinquemila unità. Certo, stiamo cambiando pelle: chiudono imprese manifatturiere tradizionali, e ne aprono altre che fanno progettazione e modellazione del gioiello al computer. Ma questo è normale, rientra all’interno di parametri di innovazione indispensabili.

E l’Aov, in questo contesto, come si muove?
L’Associazione Orafa Valenzana ha circa 300 aziende iscritte, a cui si propone di dare voce,rappresentanza e soprattutto servizi innovativi, che guardano al mercato globale. Sul fronte della rappresentanza, io e tutto il rinnovato cda riteniamo essenziale esserci ad ogni tavolo. Ed esserci in maniera concreta, proponendo alle istituzioni e alle altre associazioni di categoria progetti e percorsi, e non soltanto valutazioni di sistema di tipo accademico. Poi c’è il concetto di salvaguardia vera del distretto: che ha potenzialità enormi, e da valorizzare. Altrimenti andrebbe “in infarto” non solo il nostro sistema, ma l’intero territorio.

Il mondo dell’impresa, in Italia, è in subbuglio: tanto per cambiare, sulla graticola c’è la nostra classe politica. Qual è la sua valutazione?

Non mi piace l’antipolitica, non mi interessa fare i conti in tasca a questo o quello per sapere se ha rubato, e quanto. Lo faccia chi ne ha il compito, ma non enfatizziamo solo questi aspetti, o sarà sempre peggio. Serve in Italia, questo sì, un nuovo patto sociale tra imprese, lavoratori, mondo del credito, fisco, infrastrutture. E in questo ambito, è chiaro, ci vuole una politica che torni ad avere un ruolo nobile, qualitativo, lontano dalle polemiche fini a se stesse.

Ma lei, presidente Barberis, a 12 mesi è ottimista?

No, mentirei se lo affermassi. Ci sarà ancora da soffrire, e parecchio. Ma le aziende che riusciranno ad attrezzarsi, e a guardare con piglio innovativo al mercato mondiale, ce la faranno. Certo, un po’ più di tutela, a partire dall’Europa, rispetto a quel valore straordinario che è il marchio “made in Italy” non guasterebbe.

A che punto è il progetto di joint venture tra il marchio DiValenza e finanziatori cinesi, per l’apertura di punti vendita in grandi centri commerciali asiatici
?
L’operazione è avviata, il contratto di distribuzione dovrebbe essere firmato a breve, e la distribuzione partire a marzo. Noi come Aov abbiamo naturalmente appoggiato l’operazione, che però è a tutti gli effetti sviluppato da una newco privata, di cui fanno parte una quarantina di aziende orafe valenzane, tra le circa ottanta che aderiscono al marchio DiValenza. Si tratta di aprire un centinaio di punti vendita, per poi eventualmente crescere. Una bella sfida, in una parte del mondo che sta sviluppando ricchezza.

Parliamo di formazione. Sinceramente ad un giovane valenzano lei consiglierebbe oggi “studia da orafo”?
Onestamente sì: a patto che abbia attitudine, e tanta voglia di impegnarsi ed imparare, questo è un settore che continuerà a consentire ai bravi di lavorare, e di guadagnare bene. Guardi, la sovrabbondanza di offerta di personale è un problema soprattutto dei settori diciamo post universitari: ci sono troppi avvocati, medici, professionisti in genere. Ma i bravi artigiani scarseggiano, un po’ anche per la mentalità che, negli ultimi vent’anni, ha convinto molte persone che il lavoro manuale vale meno, è di serie B. Naturalmente non è così, e sta ai giovani, e alle loro famiglie, rendersene conto. Come Aov, vogliamo fare in modo che sia sempre più stretto il dialogo e il confronto con strutture di formazione specializzata, come il Cellini e il ForAl: che dovrebbero certamente affinare la loro offerta. Però sta anche a noi interagire, segnalare ciò di cui maggiormente abbiamo bisogno oggi, ma anche quel che ci servirà in prospettiva. E io vorrei giocare d’anticipo, e organizzare incontri anche con i ragazzi delle medie inferiori del territorio: perché è lì, a 13-14 anni, che si compie la prima vera scelta, che poi determina il percorso successivo.

L’Aov ha la propria sede all’interno del Centro Espositivo Expo Piemonte: splendida struttura, secondo molti ampliamente sotto utilizzata.
La gestione della struttura è in mano a Aov Service, una nostra società che lavora per Expo Piemonte. La quale a sua volta è una vera azienda, e non un ente pubblico. Questo per chiarire le dinamiche. E’ vero, comunque, che il polo fieristico è stato pensato come location in grado di ospitare non solo Valenza Gioielli, ma una serie di appuntamenti ed eventi fieristici in diversi comparti. Peraltro la nuova gestione del presidente Fara sta andando in questa direzione, e nel 2012 si è tenuto un passo ben diverso, nonostante la crisi generale del tessuto economico. Chiaramente occorre che anche dallaRegione arrivino però indicazioni, direttive e scelte chiare: su Expo Piemonte si deve investire tutti quanti, insomma, affinché decolli davvero.

E il Museo Orafo? Resterà una chimera di cui parlare ogni tanto, o ci sono concrete novità?

La nostra vecchia sede di piazza Illario fu ceduta al fondo Ream proprio con quell’intenzione, e la stessa Fondazione Cral ci credeva e ci crede. Al momento il pallino è in mano al comune di Valenza, che deve confrontarsi appunto con la Fondazione. Un Museo inteso come simbolo di identità culturale del distretto servirebbe, eccome: anche se naturalmente occorre arrivarci attraverso un percorso che richiede risorse finanziarie, ma anche competenze e professionalità da incrociare tra loro. Poi naturalmente c’è la questione delle collezioni, ossia del materiale da mettere dentro il Museo, che deve essere altamente rappresentativo di secoli di storia orafa valenzana. Ma non è quello, sinceramente, lo snodo che ci preoccupa. E’ necessario, invece, che una serie di soggetti istituzionali credano davvero al progetto, e accendano i motori…

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