Quattro chiacchere con il presidente del consiglio comunale
Luca Rossi parla della città dell'Oro. Ma Valenza è alessandrina, monferrina o valenzana?
Luca Rossi parla della città dell'Oro. Ma Valenza è alessandrina, monferrina o valenzana?
Sabato pomeriggio, vigilia di Natale, all’Avis di Valenza, presieduta dal medico cardiologo Simone Savastano c’era anche il presidente del consiglio comunale di Valenza, Luca Rossi. Al di là del momento particolarmente significativo di festa, occasione per lo scambio dei tradizionali auguri natalizi, è stata anche l’occasione per fare con lui alcune considerazioni sulla città dell’Oro, proprio mentre un anno sta per finire ed un altro sta per iniziare.
Presidente Rossi, lei è in consiglio comunale dal 1996. Come è cambiata Valenza in questi anni. E’ ancora la città dell’oro ?
“Purtroppo la città non è riuscita, nel corso degli anni, a diversificare il suo assetto produttivo. La specializzazione orafo – gioielliera, da punto di forza è diventata punto debole. L’effetto più evidente della crisi è stata una drastica contrazione degli acquisti di preziosi. Valenza è ancora la città dell’oro, ma è il mercato dell’oro a non essere più lo stesso”.
Che rapporto ha Valenza con il Monferrato ?
Valenza, come gran parte della Provincia di Alessandria, sta scoprendo la propria “monferrinità” alla luce dell’opera di promozione turistica del territorio. Sarebbe più corretto, nel nostro caso, parlare di riscoperta poichè gli storici ci insegnano che Valenza ha fatto parte del Monferrato sin dalle origini.
Quali sono le peculiarità socio – produttive che Valenza può sviluppare negli anni a venire a parte il settore orafo ?
L’amministrazione attuale, a differenza di quelle che l’hanno preceduta, vuole perseguire la creazione di opportunità di sviluppo in settori diversi, mettendo nuove aree a disposizione di imprenditori che intendano investire sul territorio. Al momento sembra che il settore più dinamico sia quello legato alle energie rinnovabili. La tradizione orafa va tutelata ed incoraggiata, ma la città non può restare legata ad un’unica tipologia produttiva. Occorre inoltre studiare appieno le potenzialità legate ad una struttura concepita come secondo polo espositivo del Piemonte e certamente sottoutilizzata.